Metti una sera a cena
Tu ti affanni e ti agiti per molte cose,
ma di una cosa sola c’è bisogno.
Maria ha scelto la parte migliore Lc 10,38-42
Magari sei già in ferie, spaparanzato su una sdraio a goderti il sole e il mare, oppure ti stai arrampicando in una meravigliosa montagna. Oppure… sei a casa come me! In ogni caso ti scontri sempre con le tante, troppe cose da fare. E più ci sono cose da fare, minore è il tempo, sei sempre di corsa, sempre con tanta ansia, frenesia, fretta, non ce la farai mai a fare tutto!
“Mancava anche quell’ospite a cena per completare il quadro”. E adesso devi fare tutto tu: pulire casa, sistemare, comprare fiori, cucinare, cucinare, cucinare. E gli altri? Pensano a intrattenere l’ospite: chiacchierare, ridere, scherzare, fargli compagnia. E così ti aumenta il nervosismo, l’ansia. Anche tu, certo, vorrei stare di là in poltrona, ma non puoi, non puoi! Hai chiesto aiuto ma sembrano tutti insensibili alle tue richieste…
Siamo sempre alla ricerca di un equilibrio che non è mai raggiunto per sempre, tra l’essere e il fare. E “la parte migliore” non significa che ce ne sia una “peggiore” o negativa. Semplicemente si completano a vicenda. Entrambe gli atteggiamenti sono necessari. Immagina una casa perfetta, un menù da sogno, e un ospite lasciato solo: a che servirebbe? Anche chi intrattiene l’ospite sta servendo, proprio come tu stai facendo in cucina. Non c’è un meglio o un peggio. C’è un atteggiamento e un altro atteggiamento.
Il tuo rischio è proprio di vivere il servizio con ansia, con stress, con nervosismo, perdendo così tutto il buono e il bello di ciò che stai facendo. Metti pace dentro di te, senza aver paura di non riuscire a fare tutto: dai un’anima a quello che fai, per chi lo fai, come lo fai.
Marta e Maria sono le due facce della stessa medaglia: amare è servire, servire è amare, e una non può vivere senza l’altra. Gestiamo l’ansia e la frenesia con l’amore verso colui che serviamo, e la nostra parte sarà bella e buona. Il segreto consigliatoci dal vangelo di oggi è di non disgiungere mai le due parti, ma vivere il fare con l’essere, per non rischiare lo svuotamento di un servizio fine a se stesso.
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