Lo voglio!
Mettiamo subito le cose in chiaro: il lebbroso del vangelo sei tu che stai leggendo queste poche righe, ma sono anche io che le ho scritte. Ciascuno di noi è quel malato che supplica Gesù di essere guarito, purificato, liberato. Se non ci mettiamo “in malattia”, se non accettiamo di essere bisognosi di guarigione, non guariremo mai. E Gesù cosa fa? Una serie di gesti che esprimono tutta la sua meravigliosa umanità: prima di tutto ne ebbe compassione, cioè soffre il suo stesso male: compatire, cioè patire-con! Da questo atteggiamento di base, scaturiscono diverse azioni concrete: tese la mano, cercando un contatto, lo tocca, (toccare un lebbroso significa nella cultura ebraica contaminarsi, ma Gesù sa quello che fa…), e gli dice delle cose.
Linguaggio verbale e non verbale si uniscono e abbracciano la persona che Gesù ha davanti: compassione, desiderio di contatto, toccare, parlare. Spesso noi facciamo il percorso inverso: parliamo, tanto, desideriamo anche noi il contatto, la relazione, ma non tocchiamo, cioè non la attuiamo mai, e poi, ahimè, non compatiamo, non incidiamo il nostro cuore, tutti presi dal tendere in modo convulso mani e braccia che sanno solo fare senza prima essere. Gesù ci suggerisce di ricentrarci, di ripartire dal cuore, poi l’azione sarà conseguenza di ciò che viviamo dentro.
«Lo voglio, sii purificato!». Anche Gesù vuole che quel lebbroso sia guarito, lo vuole anche per te, desidera che tu sia in salute, e non solo: vuole fortemente che tu sia felice.
C’è però in questo brano una nota dura, rispetto alle altre: Gesù conclude in fretta e dice al lebbroso ormai guarito di andarsene in fretta e di non dire niente a nessuno, ma di andare ad assolvere la legge prevista da Mosè. Questo perché Gesù non mette al centro il miracolo, la guarigione, ma la persona.
Ahimè il nostro non ha capito granché e armatosi di un potente megafono inizia a diffondere la notizia: ha messo al centro il miracolo, lo scoop. Sappiamo bene che ad ogni azione c’è una reazione, e infatti “Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città.”
Se al centro mettiamo il sensazionale, Gesù starà solo, in luoghi deserti, perché non è questo ciò che Lui vuole. Lui si è fatto uno di noi non per fare opere di prestigio o trucchetti da mago, ma per essere uno di noi in tutto, anche nella morte: guardiamo il crocifisso ogni tanto…
Per fare miracoli e prodigi non c’era bisogno di nascere in una stalla, di vivere una vita di stenti, di prese in giro, di tradimenti e rinnegamenti, non c’era bisogno di essere venduto e ucciso. Dio si è fatto uomo per mettere al centro il suo cuore, desideroso di amore e di guarigione! Il corpo del Salvatore è necessario affinché Lui sia uno di noi, e salvi ciascuno di noi.
Rimettiamo al centro il cuore e Gesù in mezzo: evitiamo di desertificare le nostre vite per la smania di miracoli epidermici, che peggiorano la nostra situazione.
Buona domenica!
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