Brano di riferimento: Lc 21,5-19

Non sarà lasciata pietra su pietra

Il Vangelo di questa domenica è quello della penultima domenica del tempo ordinario, dopodiché inizia l’Avvento. Siamo alla fine dell’anno liturgico, come quando una candela si consuma e la fiammella arriva vicino alle dita un pochino scotta. Questa pagina di vangelo è scottante… È quello che i Vangeli chiamano discorso escatologico, cioè il discorso sulle realtà ultime. Gesù affronta questi argomenti che ci mettono in imbarazzo in angoscia. Questo discorso è preceduto da dall’episodio della vedova che da due spiccioli, tutto quello che aveva per vivere, ed è seguito dal tradimento di Giuda.

La bellezza, l’arte, il santuario di Gerusalemme, così splendente che attirava l’interesse di tanta gente, sia israeliti che stranieri, la religione stessa: sono tutti strumenti, non sono il fine. Gesù ci dice questo, non perché tutto questo non sia importante, anzi bisogna tutelare, diffondere e favorire questi valori, come strumenti fondamentali e importanti, ma per quanto importanti, non sono essi il fine.

Gesù prosegue mettendoci in guardia, perché in tutti noi, in ogni persona è presente la paura del futuro: cosa succederà? Come starò, come non starò, andrà bene il lavoro, la salute, le mie finanze, la politica dei vari Paesi… Abbiamo sempre questa angoscia, più o meno di fondo. E Gesù ci dice di fare attenzione a due cose: alle autorivelazioni (sono io), e alle affermazioni lapidarie, senza possibilità di risposta (il tempo è vicino); tutte le rivelazioni di Dio sono mediate, non sono mai dirette, ma avvengono sempre attraverso una persona, una storia, una situazione, attraverso la Natura che ci parla di Dio. Gesù Cristo stesso è il Mediatore, è Lui che media la rivelazione di Dio. E poi queste affermazioni senza possibilità di risposte: “il tempo è vicino”: cosa posso rispondere? Niente, posso solo subire questa falsa rivelazione… Non è tanto il tempo che è vicino, ma è Dio che rimane vicino anche nei momenti di sconforto, anche nei momenti di grande sofferenza, Dio rimane vicino, ed è Lui che ci rende amico il passato e il futuro, rendendo così possibile la vita nel presente.

Gesù prosegue elencando tutta una serie di grandi sofferenze, di cataclismi di rivoluzioni, e queste sono le sofferenze del mondo intero: non c’è niente di più attuale, ma queste sofferenze sono sempre state presenti in ogni periodo storico, dalla creazione del mondo fino alla sua fine il mondo vive questa sofferenza, questo dolore continuo.

Il brano continua con le persecuzioni scendendo a livello personale e le persecuzioni non sono solo quelle dell’esterno, ma sono guerre interne e personali, travagli interiori per poi coinvolgere le relazioni: tradimenti e addirittura l’odio. Siamo in questa morsa di dolore atroce che ci stritola. Eppure, Dio, anche qui rimane il Dio, vicino, il Dio che comprende, tanto che Gesù conclude dicendo: Io ti darò parola e Sapienza, Io non ti abbandono.

Il vangelo ci dice che tutte queste sofferenze sono la possibilità di essere testimonianza, di dare testimonianza, e sappiamo che in greco testimonianza si dice martirio. La vita che si dona è un martirio d’amore che rende testimonianza all’Amore più grande.

Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto

Infine, dopo tutte queste sofferenze, la bella notizia, perché il Vangelo è la bella notizia anche in questi frangenti: “nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto” e anche se li avessimo già persi, non sono persi! Non abbiamo neppure il potere di perderci, se non lo vogliamo. La bella notizia è proprio la cura di Dio per ciascuno di noi, infatti può succedere di avere questa idea di Dio che sta lassù su una nuvoletta che si fa gli affari suoi e poi ogni tanto sministra qualcosa quaggiù, ma sostanzialmente non si prende cura davvero di noi. E invece “neppure un capello del vostro capo andrà perduto” perché io ho cura di voi.

Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

La spiritualità di un tempo la chiamava la “santa perseveranza” per evidenziare la sua straordinaria importanza: la salvezza è un dono gratuito, non meritato, e per ricevere questo dono è sufficiente tenere le mani tese, aperte: è proprio questa la perseveranza, cioè il desiderare questo dono ed essere disposti a stare con le mani aperte in qualsiasi tempo, in ogni stagione, nella gioia e nel dolore, nella buona e nella cattiva sorte, come in ogni matrimonio che si rispetti, sapendo che Dio rimane vicino.