Pagina di Vangelo: Lc 5,1-11

Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti.

Gesù è circondato dalla folla curiosa e impaziente, tutti lo chiamano, lo invocano, chiedono il suo intervento… in tutta questa confusione Gesù vede due barche ferme, vuote, inutilizzate. Gesù vede il lavoro, la fatica, è attento a ciò che facciamo. Neppure la folla lo distoglie dall’osservare tutti gli elementi della nostra vita. E pur ascoltando la folla (che ha voce più forte di due barche), il Signore trova modo di cogliere i dettagli.

Quante volte non ci siamo sentiti apprezzati e valorizzati dal nostro capo o in famiglia, quante volte ci arrovelliamo per aumentare le possibilità di essere notati, calcolati, accolti. Tutto ciò che compone la nostra vita è oggetto di attenzione da parte di Dio, anche la cosa più piccola e ordinaria viene vezzeggiata dal suo amore di Padre. Gesù nota anche che i pescatori erano scesi, a fine lavoro: anche la tua fatica trova dimora tra le pieghe del cuore di Dio, anche i giorni no, anche il lunedì!

Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

Gesù non solo nota quelle barche: è attratto da esse, ci sale sopra, le abita, le vive. Com’è facile capire se il nostro amore è vero: l’amore attrae e amalgama, rende uno, mentre la sola attrazione divampa per breve tempo per poi lasciarci vuoti e soli, in una situazione peggiore di quella iniziale.

Dio è specializzato in Incarnazione! Vive tutta la barca della nostra vita, in tutte le sue parti, belle e meno belle. Noi cristiani leggiamo, diciamo e ascoltiamo che “Dio si è fatto uno di noi, Dio è con noi”, ma in realtà non ci crediamo fino in fondo, è un’incarnazione catholically correct ma non incide, non tocca le fibre più profonde della nostra esistenza. Lasciamoci muovere dentro da questa vicinanza assoluta, lasciamo che il Signore sia davvero uno come noi, con noi. 

È così attento e rispettoso che “lo pregò”.  Questa delicatezza  e sensibilità spesso ci sfuggono, poiché siamo abituati  a rivolgerci a Dio  come il Capo Supremo (e i capi, normalmente, non hanno belle maniere). La mia relazione con Dio è di tipo legalistico? Incarnazione  e rispetto permettono a Gesù di insegnare.

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».

La proposta di Dio arriva sempre dopo un fallimento, dopo una notte buia. Dio era vicino a te anche prima, ma forse eri troppo convinto di farcela che neppure lo hai notato. Dopo una notte di lavoro inutile, Simone viene invitato a ripartire. Possiamo immaginare il pensiero dei pescatori: che senso ha? Siamo stanchi, Che ne capisce Gesù di pesca? Simone ha visto Gesù che si è fatto vicino, è salito sulla sua barca, è stato rispettoso con lui, e Simone risponde a tutte queste attenzioni fidandosi e getta le reti. Incarnazione e rispetto permettono l’insegnamento di Gesù, incarnazione e rispetto permettono la fiducia, la risposta di fede.

Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.

L’accoglienza del progetto di Dio porta da un fallimento a un altro. No, non è una battuta: dopo una notte di lavoro inutile i pescatori gettano nuovamente le reti, e rischiano, oltre alla fatica vana, di perdere anche le barche, per la pesca spropositata. A Dio non piacciono le mezze misure: o tutto o niente. E se il niente è davvero triste, il tutto ci supera e ci sconvolge, perché è il tutto di Dio, mica pizza e fichi!

Di fronte a questo ‘tutto’ l’unica dimensione che salva capra e cavoli (o meglio barca e pesci) è la dimensione comunitaria: gli altri non sono antagonisti, ma collaboratori della gioia; mio fratello (poichè figlio dello stesso Padre) mi aiuta a rispondere con forza al progetto di Dio, a tenere duro nei momenti più difficili, mi rende plasmabile e docile a queste misure sovrabbondanti. Stringendoci la mano possiamo affrontare tutto, anche l’amore senza misura del Signore:
“Un fratello aiutato da un fratello è come una fortezza” (Pro 18,19).

Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone.

Quella di Pietro è l’esperienza che tutti facciamo davanti all’immensità di Dio. Il primo pensiero è quello di scappare, di sottrarci, di nasconderci, presi come siamo dalla smania di misurarci, di competere, di essere i primi, i più bravi, i più belli, i più… Simone si inginocchia e riconosce se stesso davanti a Dio, ma come è nel suo carattere giunge a una conclusione drastica: “allontanàti da me”, come a dire: non ce la farò mai a seguirti, a starti dietro, lasciamo perdere e finiamola qui. Così purtroppo rischiano di finire tante storie d’amore tra noi e il Cielo, se non fosse che Dio è più caparbio di un pescatore e trova la giusta strada:

Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

Non solo non si allontana, ma si avvicina ancora di più: Gesù si china su Pietro, tende le sue braccia verso quell’uomo piegato in ginocchio per risollevarlo, per poterlo guardare negli occhi e dirgli: “Non temere”. Ogni volta è la stessa storia di misericordia, di accoglienza, di maternità. Sì: la maternità di Dio genera e rigenera i suoi figli, senza stancarsi, senza abbattersi, proprio come una madre che sa rincuorare il proprio figlio in lacrime per un ginocchio sbucciato. Non si scompone una mamma: magari sospira, ma accorre in aiuto del figlio, disinfettando la ferita e facendo mille raccomandazioni.

In questo caso la raccomandazione è una vocazione, e poiché viene da Dio è una vocazione che va contro ogni umana prudenza: “sarai pescatore di uomini”. Non solo Dio non si allontana, non solo si avvicina e ti abbraccia, non solo ti genera e rigenera: Lui adesso ti chiama per una missione speciale, non perchè hai superato tutti in bravura, ma perché ti sei fidato, hai fatto esperienza cocente del tuo limite, e ora sei pronto a lavorare per il cuore di Dio, sei sempre più suo, e saprai affrontare questa nuova pesca non per un beneficio personale ma per essere l’icona della misericordia di Dio.

E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono

Per la seconda volta i pescatori tirano le barche a terra: dopo il fallimento e dopo il successo. Immaginiamo la diversità di emozioni che attraversano i loro animi! Lasciarono il loro tutto per il tutto di Dio. Ciò non significa che non abbiano più lavorato o che siano andati a rinchiudersi chissà dove: continuano a lavorare, a pescare, tuttavia la loro vita non è più la stessa. Se prima il centro erano le reti piene di pesci, ora il centro è questo strano uomo che è salito sulla loro barca, che li invita a pescare dopo un fallimento, a scommettere tutto per lui, a non temere.

Seguire Dio è la conseguenza di chi non è scappato: ha avuto il coraggio di guardarsi allo specchio e poi ha guardato il Signore, e nonostante tutto si è fidato, non di se stesso, ma di Lui, del suo tutto. E il niente delle sue reti vuote è diventato il vanto, l’anello di nozze che lo sposa per sempre con l’infinito di Dio. Non temere, Lui è con te.