Pagina di vangelo: Lc 4,21-30

Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Oggi è il giorno che più ti fa paura. Spesso succede che ti chiudi nel rifugio di Ieri, a guardare album di foto ingiallite, a leccarti ferite, se non anche a inveire contro questa o quella persona, a scagliarti contro una situazione; altre volte capita che svolazzi nel mondo ideale di Domani, sognando, ipotizzando, sperando… e non concretizzando. In entrambi i casi fuggi da Oggi, da ciò che ti chiede, da ciò che tu sei chiamato a essere e a vivere. Oggi è un tipo esigente, non lo possiamo negare, ma Oggi è il luogo della realizzazione, è il tempo della promessa che si realizza, è quel giorno del calendario tutto da vivere, è il terreno buono dove seminare il seme buono del vangelo incarnato in te stesso, nella tua vita.

Gesù annuncia che quella Scrittura non solo viene proclamata, non solo si realizza, ma si compie oggi nella sua interezza, e il testo greco ci dice anche dove: “nei vostri orecchi”! Da scrittura a parola ad orecchi: questi passaggi chiedono una partecipazione attiva dei sensi. Il luogo fisico del compimento sono i tuoi orecchi, organi deputati all’ascolto: è l’ascolto che riscatta Oggi dalla tua fuga e lo rende il tuo presente da abitare con gioia e responsabilità.

Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».

Finalmente c’è qualcuno che ti aiuta a vivere Oggi, il presente! Davanti alla Parola di Dio si rimane sempre meravigliati e stupiti: la Parola ci lascia senza parole, almeno in un primo momento. Sì, perché poi interviene la nostra “benedetta” razionalità che vuole disinfettare e rendere tutto asettico, cancellando meraviglia, stupore, sapore, tutto. San Giovanni Paolo II scrive: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. (…) Accade che la ragione si è curvata su se stessa diventando incapace di sollevare lo sguardo verso l’alto” (Fides et ratio, 1-5). Ecco che questa ragione usata male, tarpa l’ala della fede, e rende impossibile il volo. Si diventa come quei piccioni di città, che hanno dimenticato il colore del cielo e cercano briciole qua e là. Ma sì, saranno anche belle parole, ma è il figlio di Giuseppe, figurati! La Parola viene vanificata, la sua potenza creatrice viene disinnescata e resa chiacchiera inutile, e la possibilità di essere presenti nel nostro oggi viene annullata.

Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”».

È la stessa soluzione che il diavolo propone a Gesù quando lo tenta nel deserto: fai prodigi, buttati giù, adorami, in una parola: rinuncia a ciò che sei, fuggi via, e starai bene. Questo è lo scenario dei nostri giorni, sempre alla ricerca del facile, del comodo, dell’immediato. Pur essendo noi parte della Natura, è come se non fossimo più in grado di vivere l’attesa, il sacrificio, la pazienza. Vogliamo tutto e subito, e chi non ce lo offre è squalificato.

Gesù riporta l’uomo al suo Oggi e la persona al suo nucleo più intimo: che te ne fai di una vita non vissuta oggi e vuota? Che te ne fai di miracoli e prodigi se la tua vita non è incontro con te stesso e con gli altri? Che te ne fai di una bacchetta magica che non risolve nulla ma illude e delude? Gesù è davvero il Medico che ricentra la tua vita e ti dona tutti gli strumenti per essere, qui e ora, l’icona del suo amore, e un’icona la si scrive giorno dopo giorno, pregando, usando i giusti colori e le giuste tecniche: non è una stampa, veloce certo, ma di valore nullo.

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù.

Dopo lo stupore e la razionalizzazione malata, ecco lo sdegno, o meglio l’ira, la rabbia: la Parola si presenta a me e ne rimango stupito, meravigliato, ha fatto breccia nella mia vita, ma poi pongo un argine a questa opera del divino, depotenzio la Parola che ha creato l’universo e anche me, la rendo insignificante, ma non basta: mi ci arrabbio pure, la accuso, la voglio annullare, facendola uscire dalla mia vita per sempre. Questo tentativo di omicidio nei confronti di Gesù può avvenire ahimè ogni volta che Dio mi viene incontro: posso accoglierlo, ascoltarlo, renderlo partecipe, lasciarmi plasmare, certo con fatica, oppure posso rifiutarlo, negarlo, insultarlo, ucciderlo. In entrambe le possibilità Dio è il povero che tende la mano, è sua la posizione in svantaggio. Diceva san Charles De Foucauld: “Gesù, quando si è fatto uomo, ha preso l’ultimo posto che nessuno gli potrà togliere”.

L’accoglienza e il rifiuto hanno bisogno delle stesse dinamiche e dello stesso lavoro: anche il rifiuto necessita di sforzo, ovviamente contrario e ostile. La conclusione è diversa: accogliendo la Parola io stesso divento incarnazione del Verbo, presenza di Dio, vangelo vissuto; rifiutando la Parola io rifiuto me stesso, rimango solo, fuori posto e vuoto.

Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Come il povero, Gesù si ferma se viene accolto, e se ne va se viene rifiutato. Lui, la Parola non è un uomo di tante parole. Non mi vuoi? Ok, me ne vado. Mi accogli? Eccomi a te. Tutto il resto è noia, direbbe qualcuno, ed è così: riempiamo le nostre giornate di parole vuote, di ragionamenti ed elucubrazioni, pensando che queste parole possano dare senso e valore alla nostra vita. Poi arriviamo a sera con le mani vuote e il cuore spoglio, e forse in quel momento ci rendiamo conto delle occasioni sprecate, dei rifiuti e negazioni che abbiamo operato. In tutto questo buio c’è una bella notizia: Dio ha sempre una buona lampada per rischiarare le tenebre che ti avvolgono, sei sempre in tempo per lasciare il dirupo e tornare in città, e là accogliere il Signore.

Gesù si mette in cammino: neanche il rifiuto lo fa desistere dalla strada, dal camminare. La pagina di vangelo che abbiamo davanti ci pone davanti la risposta da dare a Oggi: mettiti in cammino, non ti fermare, non accettare facili soluzioni che in realtà non risolvono, vivi il tuo presente: “Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore”: (Salmo 37,4).