Pagina di riferimento: Lc 12,32-48
Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Gesù si rivolge ai suoi discepoli usando un’immagine: “piccolo gregge”. Il gregge è l’insieme delle pecore accudite dal pastore, portate al pascolo, chiuse al sicuro nell’ovile, tosate e curate. I discepoli sono coloro che seguono un maestro, in questo caso Gesù, il quale si prende cura della loro formazione, risponde alle loro domande, li accompagna e li aiuta a crescere. Questo gregge è piccolo: un aggettivo che racchiude vari significati:
- Piccolo di numero: un gregge ridotto assicura al singolo una cura più attenta. In uno sguardo il pastore riconosce lo stato di ciascuna pecora e interviene secondo le necessità.
- Piccolo di risorse: un gregge limitato è anche segno di povertà. Il pastore non ha mezzi per ampliarlo, e rispetto ad altri pastori con centinaia di pecore, sembra sfigurare.
- Piccolo per età: non tanto in senso anagrafico, quanto legato a un cammino appena iniziato, povero di esperienza.
- Piccolo come vezzeggiativo: come si fa con i figli, anche se adulti, in un tono di affetto e tenerezza.
Questi significati delineano un gregge scarso, povero, fragile eppure amato. L’amore non guarda al numero, alla prestazione o all’apparenza: l’amore ama e basta. Chi si sente amato, si sente accolto, desiderato, custodito. Gesù non ha paura di fare brutta figura: ha scelto la limitatezza dell’essere umano, la povertà di Betlemme, la fatica di Nazareth, una famiglia complessa, il tradimento degli amici e la solitudine della croce. Questo Pastore è orgoglioso del suo piccolo gregge, come chi ha migliaia di pecore. Punta tutto sull’amore, vissuto fino alle estreme conseguenze: “Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv 10,12).
A questo gregge Gesù dice: Non temere. È normale che un piccolo gregge abbia paura: è più vulnerabile. Ma Gesù lo rassicura: “perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno”. Questo significa ricevere tutto: ricchezza, potere, autorità e gloria. Il gregge resta piccolo, ma non ha nulla da temere: piace al Padre, che come il Figlio è follemente innamorato. Anche il Padre ha donato tutto, si è spogliato della sua regalità per consegnarla al suo gregge.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese.
Gesù invita a un atteggiamento e offre due immagini concrete:
- Siate pronti: come quando qualcuno ci chiede “Sei pronto?” prima di uscire. Essere pronti significa non far attendere, essere disponibili subito.
- Con le vesti strette ai fianchi: ovvero, non in pigiama! Pronti per muoverci, attivi, vigili.
- Con le lampade accese: è buio, c’è bisogno di luce. Gesù ci chiede di camminare anche nelle tenebre, ripetendoci: “non temere”.
Questa prontezza non genera ansia, ma pace. Sapere che Dio è vicino, che il Pastore povero e il Re senza corona vivono con noi attese, dubbi e buio, consola e rafforza. Dio ha scelto di restare con noi, sempre, a ogni costo.
Il mio padrone tarda a venire.
Chi non l’ha pensato almeno una volta? Il Salmo 10 esprime bene questo sentimento: “L’empio insolente disprezza il Signore: «Dio non se ne cura: Dio non esiste»” (Salmo 10,25). Quando Dio sembra lontano, possiamo reagire con ribellione. Ci sentiamo soli, abbandonati, e scatta la protesta, anche verso noi stessi. Ma spesso dietro quella rabbia c’è un bisogno disperato di Dio: lo accusi di non esserci, ma in fondo stai gridando “Vieni!”.
Se il padrone tarda è perché si fida di te. Ti lascia libero, ti tratta da adulto, ti invita a camminare nel buio. La sua assenza è una possibilità di crescita. E quando arriverà, la festa sarà ancora più grande. La tua attesa non è vuota: è carica di desiderio, di amore, di fede. E tutte le ferite del cammino si trasformeranno in gioia.
Siamo un piccolo gregge amato, in cammino verso il Signore, vestiti della sua fiducia, con le lampade accese. “Bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni” (Salmo 23,10).
