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Lc 12,49-53

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!

Il fuoco. I contadini dopo il raccolto bruciavano le sterpaglie e le piante ormai avvizzite, così, oltre a liberare il campo da questi resti, lo concimavano e nutrivano, con i sali minerali contenuti nella cenere. Il fuoco ha sicuramente una forza distruttrice, ma non è quella evocata dal vangelo di oggi, o meglio: è necessario distruggere il negativo per far crescere il positivo. Spesso ci vogliamo illudere che va tutto bene, che siamo bravi e belli (non cambiare mai, sei perfetto così).

Il fuoco desiderato da Gesù serve a incenerire le strutture di peccato, come le ha definite san Giovanni Paolo II: “L’interdipendenza dei sistemi sociali, economici e politici, crea nel mondo di oggi molteplici strutture di peccato. Esiste una spaventosa forza di attrazione del male che fa giudicare ‘normali’ e ‘inevitabili’ molti atteggiamenti. Il male si accresce e preme con effetti devastanti sulle coscienze, che rimangono disorientate”. (Giovanni Paolo II, Udienza Generale, 25 agosto 1999 )

Il fuoco che Gesù intende appiccare (ma che vorrebbe fosse già acceso), è il fuoco di chi dice basta alle mezze misure, è il fuoco di chi dedica la totalità di se stesso al bene e al bello, non solo le briciole del “se mi va, se mi sento”, è il fuoco che brucia l’inutile e il dannoso e prepara il terreno a una nuova semina. Il fuoco è anche l’immagine della passione, del desiderio di bene, dello zelo.

Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo. (Atti 2,3-4): è questo fuoco che Gesù è venuto a portare, un fuoco troppe volte soffocato da interessi personali, da egoismi ed egocentrismi. È un fuoco che ha il potere di trasformare la mia vita, la vita di ciascuno, ma a una condizione, il mio sì totale, altrimenti si ferma, perché Lui, il Signore, rispetta e difende la mia libertà.

Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!

L’acqua. Dopo il fuoco Gesù usa l’immagine dell’acqua in cui si deve immergere: battesimo significa immersione, e i primi cristiani venivano immersi totalmente nell’acqua, per indicare la morte (la vita umana sott’acqua è impossibile) e la resurrezione. Ed è angosciato, o meglio ancora schiacciato, spremuto (il testo originale è sempre un grande aiuto), perché quell’immersione è tutto il male che ricadrà su di Lui, il male e la morte assunti con l’incarnazione. Il Figlio di Dio viene annullato nella sua umanità, come il fuoco che viene spento dall’acqua.

Eppure quel battesimo di sangue e di morte, che sconquassa il cuore e la mente del Signore, sarà l’inizio di quell’incendio che cambierà per sempre il mondo e la storia. Ancora oggi, sebbene il male sembra prevaricare ogni desiderio di bene, là dove una persona dona il proprio cuore a Dio, il Signore è presente con la forza di quel fuoco che trasforma e plasma l’intimo dell’essere umano, il Signore è presente in quell’immersione di dolore e fatica che vivi per la tua fede, e per il fatto stesso che sei un essere umano: Dio è vicino, Dio è lì con te.

Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione.

Amore chirurgico. Gesù non contrappone pace e guerra, ma pace e divisione. Come il fuoco che distrugge ma purifica e nutre, anche la divisione è necessaria. Pensiamo a cosa fa un chirurgo quando toglie da un organo vitale un tumore: divide e toglie tutto il male, lo taglia via, in modo che non contamini il resto dell’organismo. Questa ferita fa male? Certamente! Non esistono ferite che facciano bene, ma il suo effetto sarà positivo.

Le mamme sanno bene il dolore del parto, il dolore fisico più grande mai provato, non è vero? Eppure quel dolore ti dona vita, ti consacra mamma per sempre, e stringendo al cuore quel frugoletto il dolore è ripagato sovrabbondantemente dall’amore, medicina che guarisce e consola ogni male.

La lettera agli Ebrei dice: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito” ( Eb 4,12 ): è il bisturi che taglia via le cellule malate, che crea la ferita e la risana. Spesso le nostre famiglie sono lo scenario di questi interventi chirurgici: non esiste la famiglia perfetta, dove tutti vanno d’accordo e fanno colazioni serene 365 giorni all’anno: non esistono. Esiste la fatica quotidiana di venirsi incontro, di accogliersi nonostante la differenza di opinione, i gusti, gli orari, gli impegni.

Anche il diavolo divide (infatti il suo nome significa proprio divisore): il maligno ci divide da Dio e da noi stessi, dal bene che possiamo fare e ricevere, ci isola e ci porta alla morte. La divisione che porta Gesù è invece una divisione per la vita. Il Figlio durante la sua passione e morte ha vissuto la divisione dai suoi amici (chi lo ha rinnegato e tradito, chi è scappato), e anche la divisione col Padre stesso: “Dio mio perché mi hai abbandonato? ” (Mt 27,46). Nella difficile arte delle relazioni distinguiamo sempre l’origine della divisione, e se è una divisione che porta bellezza e vita, abbracciamola come il tesoro più prezioso.

Il fuoco, l’acqua, la divisione: la pagina di vangelo in questione ci fa sobbalzare, va a scuotere le nostre comode certezze e ci mette in discussione. Lasciamoci prendere per mano dal Signore della Vita e affrontiamo anche i momenti più difficili e dolorosi in sua compagnia: sarà sempre una vittoria, del bene sul male, della vita sulla morte.

Foto di Linus Schütz da Pixabay