La solennità di Pentecoste, come tutte le feste cristiane, ha le sue radici nell’esperienza di fede ebraica. L’uscita dall’Egitto del popolo ebraico, che viene celebrata con la festa di Pasqua, ha significato solo insieme alla ricezione delle tavole della Legge, che gli ebrei ricordano con la festa di Pentecoste. Secondo una bellissima immagine della cultura semita, è come se si dicesse ad un carcerato che sarà liberato e sposerà la figlia del re. Il carcerato inizialmente è incredulo, ma quando vede che la prima insperata cosa si avvera, inizia a credere che si verificherà anche la seconda, e conta il tempo che lo separa dalla sua realizzazione: è questo il tempo che intercorre tra Pasqua e Pentecoste.
Possiamo sintetizzare il contenuto delle letture di questa domenica in tre quadri: il compimento, il “noi” della Pentecoste, e Gesù, morto e risorto, che dona lo Spirito.

1) Il compimento: Il giorno era al termine, ed è stato un evento non previsto: “Stava compiendosi il giorno; all’improvviso; La sera di quel giorno”. È tutto secondo lo stile di Dio, che nasce di notte, agonizza di notte, quando muore si fa buio su tutta la terra, e risorge di notte. Non cerca audience, non gli interessano ovazioni e applausi. Quella sera di duemila e più anni fa, trova un gruppo di uomini sconquassati dal dolore e dalla morte violenta che hanno riguardato il loro Maestro; quella sera lo Spirito li ha trovati chiusi, barricati in casa, “per paura dei Giudei.” Ma lo Spirito del Signore non si lascia intimidire ed irrompe potentemente nella loro vita. Dove c’è il buio della delusione porta la luce della speranza e della gioia. Dove c’è la chiusura della paura, spalanca porte e finestre, e rende quei poveri uomini Apostoli e Testimoni del Suo amore! Non abbiamo più scuse: se ce l’hanno fatta loro, possono, possiamo farcela davvero tutti! Se anche tu sei in quella sera, quando ormai non ti aspetti più niente dalla vita, chiuso e ripiegato in te stesso, illuso e deluso, ebbene, leccati pure le ferite della vita, ma sappi che l’Amore di Dio ti sorprenderà, sempre!

2) Il “noi” della Pentecoste: come per l’ambito temporale, allo stesso modo le letture ripetono più e più volte che la Pentecoste non è un fatto personale, un qualcosa tra me e Dio, ma è a dimensione comunitaria: Gesù dona lo Spirito ai suoi riuniti insieme, la Pentecoste irrompe nel cenacolo dove erano i Dodici insieme a Maria. E poi, a conferma di questo: tutti i presenti, di lingue e nazioni diverse, intendevano ciò che gli Apostoli annunciavano: Dio è comunione ed unità. Allora non chiudiamoci in un individualismo spietato, “parlo con Dio e sono a posto” dice qualcuno. Neanche Dio è solo: sono in tre! Un sacerdote diceva; in chiesa non si entra mai da soli. Riscopriamo la bellezza di essere popolo di Dio, comunità di credenti, famiglia dei figli di Dio. Nessun credente è figlio unico!

3) Gesù, morto e risorto, che dona lo Spirito. Con la solennità di Pentecoste si conclude il tempo di Pasqua, e il vangelo ci presenta nuovamente Gesù che mostra i segni della sua passione, saluta con “Pace a voi” e dona lo Spirito. Il Figlio di Dio si incarna, vive la vita di un uomo qualsiasi, cresce, impara, studia, lavora, annuncia l’amore di Dio, soffre e muore. Poi l’evento che supera ogni aspettativa: la resurrezione, la gioia ritrovata. Oggi, Pentecoste, il Signore mostra ancora i segni dei chiodi sul suo Corpo, sigilli indelebili del Suo Amore e caparra del Paradiso per dei poveracci come noi. E poi “Pace a voi”, anche questo è un sigillo, quasi le ultime parole lasciate agli Apostoli: la pace tra Dio e gli uomini è stata ristabilita e consolidata grazie al sacrificio di Cristo. E ancora: “Ricevete lo Spirito Santo”: un altro regalo del Signore, che ha le mani bucate, ma mai vuote! Il cerchio mirabilmente si chiude, tutto è compiuto, lasciamoci inondare dalla luce di Pentecoste, senza pensare a come siamo e come non siamo, tuffiamoci nel Cuore di Dio e lasciamoci trasformare: Dio è Amore.