Tagliavano rami dagli alberi (Mt 21,1-11)

Quelle palme e quei rami d’ulivo, per quanto possano essere visti come segno di festa e di entusiasmo, sono rami recisi, rami morti, destinati a seccare e ad essere bruciati, a diventare cenere.

Spesso la nostra vita risuona di “Osanna” e “Crocifiggilo”, senza soluzione di continuità, e non solo in riferimento alla fede in Cristo: ogni giorno beatifichiamo o condanniamo qualcuno, qualcosa, usando strumenti di morte, come la calunnia, il pettegolezzo, lo sparlare alle spalle, il giudizio. Anche i nostri osanna hanno un aspetto cadaverico, perché da un momento all’altro diventano condanna, diventano croce e sepolcro per il malcapitato di turno.

Questi rami morti esprimono bene ciò che incarniamo: una parvenza di vangelo, che non cambia le nostre vite, che non incide minimamente la nostra dura scorza, anzi, ci illudiamo solamente di essere bravi cristiani, vicini al Signore, a poco prezzo e senza scomodarci dai nostri troni.

La Domenica delle Palme non sia un bel mantello che copre le macerie di un vangelo non vissuto; accogliere Gesù alle porte di Gerusalemme con canti e verdi fronde non ci distragga da ciò che realmente siamo: rami recisi, e che presto seccheranno, senza apportare vita e frutti. I canti e le acclamazioni non coprano le grida di dolore e di angoscia, non sminuiscano il rantolo di chi sta morendo abbandonato da tutti.

Sarà davvero Pasqua di Resurrezione se questi rami, se queste nostre vite vengono innestate alla croce del Signore, e se noi, dalle nostre croci sappiamo guardarlo negli occhi, ricevendo e donando Amore. Sennò ci illuderemmo con bianche lenzuola sfolgoranti, sepolcri vuoti artificiosamente creati, riti solenni, e magari un bell’uovo di cioccolato. Ma la nostra vita rimarrà un ramo secco, senza linfa, senza frutti.

Lasciamoci invece cogliere dalla vita nuova del Vangelo, lasciamoci scomodare da Cristo Signore, e allora sarà davvero passaggio, dalla morte alla vita, da rami secchi ad alberi rigogliosi.