Penso sia capitato anche a te: quando sei in attesa di un evento, di una cosa, di una persona, il tempo sembra non passare mai, pensi a quanto sarà bello riabbracciare quella persona cara, festeggiare qualcosa insieme con gli amici, ricevere un bel regalo. Quando ormai mancano poche ore, sembra di essere in una realtà fuori dal tempo, ci mancano le parole, l’emozione è tanta, e se anche ci fossero ancora cose da preparare, non ne siamo più in grado, così presi da mille emozioni. La vigilia del Natale accade questo. Veniamo calamitati da quella mangiatoia ancora vuota, abbiamo fatto un piccolo percorso all’interno del presepe e ora siamo giunti al suo centro. E i puntini di sospensione del titolo esprimono bene il nostro stato d’animo: stupore, emozione, silenzio.

Silenzio. E’ l’atteggiamento più consono da vivere a Natale. Cosa fa un bambino davanti al presepe? Guarda e tace. I suoi occhi sono colmi di meraviglia, lucidi di commozione, consapevole in qualche modo che quella non sarà la solita festa, ma un evento straordinario, che cambierà per sempre il corso della storia. Lo abbiamo detto mille volte in questi giorni: Dio si fa uno di noi, in mezzo a noi. Ora è giunto il momento di contemplare l’incarnazione del Verbo, non solo nei meravigliosi addobbi delle nostre case, ma nella nostra vita. Gesù che nasce è l’estremo tentativo da parte di Dio Padre di “catturarci” nella rete del suo amore, una rete con maglie molto ampie, perché nessuno deve sentirsi costretto, ma accolto e infinitamente amato.

La nostra piccola novena di Natale si conclude davanti a questa mangiatoia vuota: soffermiamoci a meditare su di essa. La nostra vita è come quella mangiatoia, povera e vuota, ruvida, certamente non asettica. Accogliamo il bimbo di Betlemme per quello che siamo, lasciamo cadere le maschere e lasciamoci guardare negli occhi da Dio. Sarà un Natale da poveri, ma un Natale vero. Quello di Gesù.