Pagina di riferimento: Lc 1,39-56

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore.

Maria inizia il suo canto partendo da lei, mettendoci la faccia, dicendo che il contenuto del suo canto non è un copia-incolla, ma lo ha vissuto e lo vive proprio lei, in prima persona. E canta la sua esperienza di Dio: pur essendo solo all’inizio del suo cammino, tutta la sua vita era già stata donata a Dio. Nel suo grembo già stava germogliando il Signore della Vita, la sua anima magnifica, il suo spirito esulta: spirito anima e corpo sono uniti nel dono di se stessa. Maria è una donna tutta d’un pezzo: Lei, Sposa dello Spirito e Madre di Dio non ammette mezze misure.

Il canto di Maria è un canto di gioia, di felicità, Magnificare significa riconoscere la grandezza (è magnifico, esclamiamo davanti a qualcosa di bello). Maria riconosce la grandezza di Dio, e questo atteggiamento dà il titolo al suo canto, il Magnificat: riconosco la grandezza di Dio, la mia anima lo riconosce grande, la mia essenza più intima e profonda lo ha incontrato, e inizio il mio canto con un “oh” di meraviglia e stupore.

Lo stesso stupore lo troviamo disseminato nella Sacra Scrittura: “quale dio è grande come il nostro Dio?” (Salmo 76,14). Questa esclamazione di Maria è presente anche tra i musulmani: “Allahu akbar” “Dio è il più grande”(gli integralisti usano queste parole in modo del tutto inadeguato e improprio). Un figlio riconosce grandi i propri genitori, dai quali riceve amore e tutela; riconoscere la grandezza di Dio è fidarsi di Lui, che è grande, e arriva dove noi non arriviamo.

Il mio spirito esulta: letteralmente: il mio spirito fa salti di gioia. Ecco perché Maria corre in fretta verso la cugina Elisabetta: perché non sta più nella pelle, deve abbracciare qualcuno e comunicare la grandezza del Signore e ciò che Lui sta facendo in lei. Continuando nel paragone col bambino che riconosce grandi i suoi genitori, lui è felice di essere amato, e manifesta questa gioia saltando, giocando (combinando anche qualche marachella): è l’entusiasmo incontenibile del bambino che canta in Maria. Come il bimbo che corre avanti ai suoi genitori e poi torna indietro, ridendo, cantando, rallegrando il cuore degli adulti, Maria rapisce per sempre il cuore di Dio, che la sceglie come Sua sposa e Madre del Suo Figlio.

Perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

Questa è la fonte da cui sgorga il canto di Maria. Dio si china su Maria e guarda la sua bassezza, la sua ‘tapinaggine’ (questo è il significato del termine greco originale) La sua piccolezza riconosce la grandezza di Dio, la sua povertà riceve tutto da Lui, che la salva da se stessa. Spesso ci dimentichiamo che Maria è un essere umano come noi, fatto di carne ed ossa, con tutti i limiti dell’umanità: l’immacolata è la prima perdonata (redenta in maniera più sublime, secondo l’espressione di Pio IX ).

Maria ha fatto esperienza di Dio proprio perché ha saputo vivere fino in fondo la sua povertà, si riconosce un nulla, e la sua gioia nasce dall’accettazione serena di se stessa: “ha guardato”: lo sguardo di Dio ripaga Maria di ogni lacuna, la copre come un manto, e lei vive la sua donazione totale con una fiducia che non verrà mai meno; non ritirerà la sua offerta neppure ai piedi della croce, neanche quando terrà tra le mani il cadavere del Figlio.

Si riconosce misera e serva: misera come chi non ha nulla da offrire; serva come chi si rimbocca le maniche e si rende utile. Tra questi due atteggiamenti c’è tutta la vita di Maria, che non si è fatta scudo della propria indigenza (noi diremmo “vorrei ma non posso”), ma ha reso questa povertà il tesoro nascosto del suo cuore, la perla preziosa da donare al Re (“non posso ma voglio”). Questa volontà coriacea è la bellezza che contempliamo in Maria, una ragazza che ha accettato se stessa, che si è fidata, e che canta la grandezza del Signore, senza nascondere la sua piccolezza.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente.

Il cerchio si chiude. Dio è grande? Bene, farà grandi cose anche in me. Le parole del canto di Maria ci dipingono una donna forte e determinata, che conosce se stessa, i propri limiti e sa bene attingere le risorse dal cuore di Dio. La storia d’amore tra Dio e Maria è tutta qui: accettazione, fiducia, amore. Le grandi cose sono la logica conseguenza della grandezza di Dio: è tutto proporzionato. Invece di piangere miseria, Maria canta e salta di gioia, sapendo che Dio fa pazzie per lei.

L’Assunzione: un salto di gioia dalla terra al cielo!

Niente di più naturale che la Serva, Sposa e la Madre raggiungano il Signore, lo Sposo e il Figlio, Il salto di gioia di Maria congiunge la terra al cielo, e la sua umanità diviene caparra del nostro paradiso. Ecco il senso dell’Assunzione di Maria in cielo! Lei ci dice di guardare il cielo, non per fuggire dalle nostre vite, ma per colorare di cielo la nostra terra, talvolta così grigia e tetra. Il Magnificat è il canto che Maria ci insegna, per saper riconoscere miseria e misericordia, piccolezza e grandezza, grigio e blu, facendo con Lei salti di gioia.

Il Magnificat è lo stesso canto di Nadia Toffa: anche lei ci invita a guardare il cielo nonostante tutto; anche Nadia ha fatto l’esperienza di Maria, del proprio limite: “Io ci credo in Dio e non penso sia crudele, non penso voglia vederci soffrire. Da una sfiga si può trovare anche del buono, il Signore ci stimola, vuole insegnarci a vivere”. Il cielo amalgamato alla terra: questo ci salva.