Gesù promette lo Spirito Santo

Gv 14,15-21

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce.

Siamo nella notte più brutta del mondo, l’ultima chiacchierata di Gesù con gli amici prosegue, a tavola. Dopo aver parlato di meta e di indirizzo, Gesù va al cuore, e parla di amore, anteponendo un se: l’amore è sempre condizionale, poiché prevede un tuo sì, una tua risposta. Il se consiste nella decisione di osservare i suoi comandamenti, un osservare di chi fa la guardia, ben attento a non farsi rubare un tesoro prezioso. Chi osserva è custode, e intende mantenere intatto ciò che ritiene importante.

L’amore è la risorsa fondamentale e insostituibile: quelle che chiamiamo pazzie d’amore sono gesti che vanno oltre ogni logica e il buon senso, ma fatti per amore di qualcuno. Se ami, non sarà la fatica a fermarti, e neanche il buon nome o il rispetto umano: ti esponi a colossali figuracce in nome dell’amore! Gesù ci regala una chiave fondamentale per vivere il vangelo: l’amore.

Qualche volta però, succede che le parole del vangelo vengano rimescolate, e quindi il suo insegnamento è stravolto. Anche in questo caso specifico: “se mi amate osserverete i miei comandamenti” diventa “se osserverete i comandamenti mi amate”: il dovere congela tutte le forze, spegne la passione, intorpidisce i muscoli, e i comandamenti diventano una cosa pesante, improponibile, noiosa. Il vangelo conserva la sua forza propulsiva se viene osservato e custodito nella sua forma originale, (in purezza, direbbe l’enologo), mentre se viene manipolato per usarne e abusarne a sproposito, diventa un mattone, o nella migliore delle ipotesi una favola moralistica.

Un altro Paraclito. Questo termine greco, ricchissimo di significati, viene associato unicamente (ed erroneamente) allo Spirito Santo. Paraclito è colui che è vicino, il difensore, il consolatore, colui che intercede. Gesù stesso parla di “un altro Paraclito”, per indicare che questo titolo è anche il suo. Da una veloce consultazione, sulla carta d’identità di Dio troviamo scritto: Professione: Paraclito. Dalla prima all’ultima pagina della Bibbia, Dio non è altro che il vicino, il consolatore, il difensore, Colui che sta dalla mia parte, sempre. Ma non basta ancora: anche nelle pagine della tua Bibbia, quelle scritte da te, e quelle ancora da scrivere, le pagine della tua vita, i paragrafi della tua quotidianità, Dio continua a essere Paraclito. Ed essendo tre, si danno il cambio, per assicurare a noi, piccole creature, di non lasciarci soli un attimo.

Se Dio è il Paraclito, perché è così difficile ammettere la sua presenza? I filosofi parlano del problema di Dio, i teologi si arrovellano per provare e confermare la sua esistenza. Gesù taglia corto, come sempre, e afferma che il mondo non può ricevere Dio. Questo verbo, nel testo originale greco, ci può aiutare tantissimo, perché ha tanti possibili significati:

  • Catturare, afferrare. Dio non è trattenibile, non ci sta nelle piccole caselle degli schemi mentali, e appena te lo vuoi mettere in tasca, ecco che le tue mani stringono il nulla. La tua conclusione: Dio non esiste.
  • Determinare. Simile al significato precedente: non ti è permesso dire a Dio chi deve essere e cosa deve fare, lo capisci vero?
  • Scegliere, sposare. Normalmente, e meno male, non ci si sposa tra sconosciuti. La relazione presuppone una scelta, un volere, un desiderare. Il mondo non sceglie Dio, non lo sposa (se ne guarda bene, ahimè).
  • Ricevere. Accogliere qualcuno o qualcosa: un dono lo si riceve, un ospite, un amico…

Gesù fornisce anche il doppio motivo di questa mancata ricezione: non lo vede e non lo conosce. A ben vedere (è proprio il caso di dirlo), le due motivazioni sono una la conseguenza dell’altra: la vista è uno dei sensi che mi permette di conoscere, è il primo modo: vedi un volto, lo riconosci, lo saluti. Se non lo vedi, non lo riconosci, non lo saluti, la connessione non avviene.

Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.

Voi lo conoscete. Tu sai bene cos’è la sete, fai esperienza di cosa sia una gola riarsa e desideri un bicchiere d’acqua fresca, conosci le sue proprietà dissetanti e per questo la desideri. Anche se per te Dio può rimanere un problema irrisolvibile, è la sete a guidarti, perché conosci e desideri. Questa conoscenza esperienziale non avviene sui libri, ma nella vita, nel concreto dei tuoi giorni, tra i piatti da lavare e i letti da fare, in mezzo al tuo “lavoro agile” e tra i bambini o gli anziani da accudire.

Tu lo conosci, e lo conosci perché Lui rimane, e anche qui con più significati: rimane chi non va via, e rimane chi non cambia, chi rimane se stesso. Dio non va via (che Paraclito sarebbe se andasse via?), e Dio rimane se stesso, fedele alla sua Parola e alla sua identità. Una persona che rimane e che non cambia, diventa una di noi, appunto. Ma non solo rimane e non cambia: Lui, ci dice Gesù, sarà in voi, un’esperienza di profonda e inseparabile intimità e unità: questa è l’esperienza di chi ama profondamente!

Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.

Cogliamo in queste parole tutta la sensibilità e l’attenzione del Signore nei nostri confronti. Altre volte si è paragonato a una chioccia coi suoi pulcini (Mt 23,37): siamo i suoi fratellini e sorelline, i piccoli di casa, e Lui si prende cura di noi, non ci lascia senza Padre. Lui è l’immagine del Padre, e lo Spirito continuerà a essere questa via di comunicazione verso il cuore di Dio. Questo “ancora un poco” è davvero questione di minuti (ricordiamo che finito di parlare Gesù andrà nel giardino degli ulivi, dove verrà arrestato). Ancora un poco è tutta la tua vita, come due amici che si salutano ma non riescono a separarsi, e allora stanno insieme ancora un poco. Ancora un poco è il tempo che ti è dato per esprimere chi sei nella modalità dell’amore e del dono. Ancora un poco.

Ancora un poco che continua. Gesù parla di vita, per chi lo ha scelto, conosciuto e ricevuto. Come un maestro, torna sugli stessi concetti, con intensità diverse, per far comprendere ai suoi amici, profondamente turbati e sconvolti, che Dio rimane, e anche loro parteciperanno della Vita che non finisce. Gesù illustra come avviene la comunione, cioè la comune-unione tra Dio e noi, una comunione in tre step: Gesù col Padre, noi con Gesù, Gesù in noi.

  1. Io sono nel Padre mio: il Figlio è in comunione profonda col Padre, tanto che: “io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30).
  2. Voi in me: noi siamo l’amore di Cristo Gesù, prendiamone coscienza! Un amore che accoglie e unisce profondamente.
  3. Io in voi: potrebbe sembrare una ripetizione del secondo step, e invece no: non si ama per delega, non si ama a percentuale. Noi siamo l’amore di Gesù Cristo (step 2), e Lui è il nostro amore (step 3).

In questi tre punti c’è tutta la tua realizzazione, tutta la tua felicità, il tuo passato, il tuo presente il tuo futuro. Qui l’ancora un poco si incarna e chiede di diventare amore che riceve e che dona.

Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama.

Il brano si conclude con un’affermazione apparentemente contraria:
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama.

In realtà Gesù, da buon maestro, chiude la lezione sintetizzando il concetto principale. Abbiamo detto che è l’amore che ci permette di accendere il motore delle possibilità, e andare oltre la mia fatica. Ora, in conclusione, Gesù afferma che chi fa la guardia ai comandamenti e li accoglie, cioè li tiene con sé, li trattiene, sta con essi, lo può fare perché ama. Sia in partenza che in arrivo, è l’amore che permette di vivere il vangelo, non l’obbligo, non il dovere morale, ma l’amore. Si respira meglio vero? Ma non hai ancora visto niente:

Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui.

Tre amori e una dichiarazione. L’amore è sempre circolare, non trattiene ma libera se stesso e libera chi incontra. Potrebbe sembrare eccessivo, ma tutto parte dal tuo sì all’amore. Se ci pensi, tutto il Nuovo Testamento si è realizzato grazie al sì di una ragazzina: “Eccomi, sono la serva del Signore” (Lc 1,38). Gesù ti dice che il tuo sì permetterà l’incarnazione dell’amore: non un amore tutto cuoricini e fuffa, ma un amore concreto, di carne, la carne del Figlio di Dio, la tua carne, una carne salvata da chi ti ha a cuore, da chi ti riceve, da chi tiene a te, da chi desidera il tuo amore. La dichiarazione: Dio non è il problema, e neanche la soluzione: Dio è Dio, il Paraclito, il vicino, Colui che vive in te e tu in Lui. Se vuoi.