Pagina di riferimento: Lc 13,22-30

Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».  Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 

Se Gesù avesse risposto sparando un qualsiasi numero, una percentuale, quel tale avrebbe proseguito la sua esistenza come dopo aver visto il meteo: pioverà, ci sarà sole, vento dal nord, e clic: niente è cambiato. A una domanda di pura curiosità, o meglio, una domanda statica e oziosa, Gesù offre una risposta dinamica e impegnativa, e usa, come suo solito, due immagini:

  • Sforzatevi: è lo stesso termine da cui deriva agonismo, e il dizionario ci insegna: “Spirito combattivo con generoso impegno e dedizione da parte di un atleta o di una squadra nel corso di una competizione”. Gesù ci invita a sforzarci, a lottare, a combattere, Sforzare significa andare oltre le proprie forze e quindi migliorarsi; lottare significa combattere contro un nemico o una situazione sfavorevole e negativa. Ogni sportivo sa che la vittoria prevede un duro allenamento, e anche il coach Gesù ci avverte che molti “cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”, letteralmente: non avranno la forza… ovvio, non si sono allenati!
  • Porta stretta: certo, se la porta fosse larga e comoda non ci sarebbe bisogno di allenamento, di sforzo e di lotta. Tuttavia la porta non è stretta per colpa di qualcuno (in questo caso Dio stesso), come se Lui si divertisse a farci tribolare. La porta è stretta per almeno due motivi, uno esistenziale e uno pedagogico: a causa della nostra umanità sperimentiamo la fatica, il dolore, il limite; inoltre la porta è stretta anche per obbligarci a lasciare andare tutto ciò che non è indispensabile; un pianoforte a coda, un armadio a 18 ante non potranno mai passare in quella piccola apertura: devi lasciare tutto, farti piccolo e passare. Un esempio intramontabile è proprio la Pasqua (guarda un po’, significa passaggio) di Gesù: dolore, morte e resurrezione del Figlio di Dio sono il modello più grande per chiunque voglia varcare quella porta così angusta.

Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. 

La porta è un’apertura che permette il passaggio, e allo stesso tempo difende e tutela chi abita nella casa, quindi a un certo momento la porta viene chiusa. Il padrone di casa si alza: è un’immagine solenne e quotidiana allo stesso tempo. Il testo non dice a che ora, solo “quando”, può essere la mattina, nel pomeriggio, o la sera tardi. Questo tempo indefinito ci slega dall’identificare questa chiusura della porta con la morte, (spostando il problema più in là possibile): in realtà la nostra vita è costellata da “quando”, cioè da svolte importanti, da cambiamenti e sconvolgimenti. Questi “quando” sono dei passaggi, delle Pasque che ci chiedono di liberarci di tante cose e situazioni inutili, di tornare all’essenza, al cuore di noi stessi, e al cuore di Dio. Solo così quella porta stretta ci sarà amica, oltre che maestra di vita.

La porta è ormai chiusa, e il padrone di casa è con i suoi ospiti. Le schiappe, quelli senza allenamento, hanno tentato di entrare, senza riuscirci, e ora bussano: “Signore, aprici!”. Sono le stesse parole usate dalle vergini stolte, anche loro rimaste chiuse fuori casa per negligenza (Mt 25, 1-12). L’atteggiamento del padrone di casa potrebbe sembrare una mancanza di amore: non è Lui il misericordioso? Ebbene, direbbe Totò: ” Ccà nisciuno è fesso “. Ti ha detto di sforzarti, ti ha detto che la porta è stretta, ti ha esortato ad allenarti, quindi sapevi benissimo che il passaggio non sarebbe stato facile. Delle due una: o non gli hai creduto oppure non ti interessa entrare. Se non gli hai creduto, mi dispiace ma è tutto vero, e la porta è ormai chiusa; se invece non ti interessa entrare, perché bussi?

La risposta del padrone di casa: “Non so di dove siete”, o meglio: “non so da dove venite”, non vi conosco, non vi riconosco, proprio come voi non mi avete conosciuto e riconosciuto. La porta è chiusa, il padrone di casa è impegnato con i suoi ospiti, non c’è più tempo per le trattative, per strappare un ingresso gratis. Alla seconda richiesta segue la seconda risposta, identica alla prima, a cui viene aggiunto un sostantivo:  “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!” Ingiusto non è il Signore, che ha avvertito e sollecitato, ingiusto è colui che non ha prestato fede alle sue parole, che lo ha deriso, ingiusto è chi non ha utilizzato i “quando” a suo favore, e si è ritrovato chiuso fuori, escludendosi dalla festa, e ora bussare non serve a nulla: la porta è definitivamente chiusa.

Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.

Questa pagina di vangelo così sconvolgente e a tratti drammatica, si conclude con un’immagine di gioia e di festa, che rincuora e consola. Se è vero che l’indicazione del tempo è vaga (quando) l’indicazione di spazio è molto dettagliata: vengono nominati i quattro punti cardinali, La porta è stretta per tutti, ma tutti coloro che hanno il coraggio di oltrepassarla, godranno di questa grande festa, da tutto il mondo! Ed è una grande casa, perché tutti si “sdraieranno a mensa”. Dopo la porta stretta ecco un’immensa casa che accoglie, per accomodarsi e gioire, tutti insieme.

A nessuno di chi lotta viene negato l’ingresso, a nessuno viene negato un quando, a nessuno viene negata la festa nella casa del Padre, anzi, siamo più e più volte invitati. Ti viene chiesto un solo biglietto d’ingresso: il tuo Sì.