Perché mi hai veduto, tu hai creduto Gv 20,19-31

Anna (nome di fantasia) è una bimba di 8 anni, tolta alla sua famiglia di origine per gravi situazioni di violenza fisica e psicologica, e affidata a una comunità per minori. Ha una dote innata per l’arte, i disegno, il colore, e ogni volta mi dice: “oggi disegno!” Ogni volta disegna case, di diverse forme, colori e dimensioni. Ma ogni volta le porte e le finestre di quelle case sono chiuse, sprangate, invalicabili, proprio come la casa della sua famiglia, a lei negata. Queste porte chiuse esprimono il suo bisogno di famiglia, intimità, calore, affetto; Anna, costretta a vivere in un ambiente protetto, ma asettico, sicuro, ma freddo, tutelante, ma che la stacca brutalmente dal tepore del grembo materno.

“Venne Gesù, a porte chiuse”

Come per Anna, anche nella mia vita ci sono diverse porte chiuse, hanno nomi di persone, di luoghi, di situazioni. Quelle porte chiuse sono grigie, tristi, quasi spettrali, mi ricordano dei momentacci, quando la porta mi è stata platealmente sbattuta in faccia, oppure quando, bussando più volte, dall’altra parte nessuno ha aperto.  “Venne Gesù, a porte chiuse” proprio quando non aspettavi più nessuno, quando il morso della delusione e della solitudine più disperata ti stanno mordendo l’anima e rendendo la tua vita un colabrodo. Gesù non si ferma davanti alle porte chiuse. Non perché sia Superman, ma perché il suo desiderio di comunione e vicinanza  apre ogni porta chiusa.

Poi disse a Tommaso: «Tendi la tua mano e mettila nel mio fianco»

Gesù mi ha trovato oltre quella porta chiusa, e mi ha abbracciato. Mi ha accolto così com’ero, e non mi ha giudicato. Ho potuto toccare i segni dei chiodi, il suo costato trafitto, ho baciato le sue ferite, e ne sono stato risucchiato, come un vortice porta via con sè una foglia. Mi sono ritrovato al centro del cuore di Dio, infinitamente amato, accolto, perdonato, vezzeggiato e coccolato.  E non ho potuto fare altro che accogliere questo amore, aprire porte e finestre, lasciarmi invadere cuore, mente, anima e corpo, e incarnare  nella mia povera vita quelle ferite d’amore, porte spalancate sul cuore del Signore, strade di salvezza e ponti di misericordia.

«Mio Signore e mio Dio!»

Non ho saputo dire altro. Come un ruscello che canta, il mio cuore colmo all’inverosimile ha esclamato quelle poche parole, esse sono la sintesi della mia personale esperienza di resurrezione. Dopo aver visto e toccato le ferite del Maestro, dopo essere stato accolto nel suo misericordioso e caldo abbraccio, ho sigillato il mio patto d’amore con Lui, e l’ho chiamato “Mio”, proprio mio, non di tutti, del mondo, ma mio, personale, per me, e io tutto suo, per Lui, in uno scambio di amore che giustifica la notte più buia e il momento più doloroso: tutto acquista senso e collocazione, tra le mani forate del Risorto, nel suo Cuore squarciato.

Grazie Anna, per i tuoi disegni, per le tue porte sprangate: senza parole ci insegni che anche se chiusi fuori possiamo continuare ad amare. Ti auguro che presto quella porta chiusa si possa riaprire. Ancora di più auguriamoci a vicenda di essere noi porte aperte all’Amore.