Pagina di riferimento: Lc 14,1.7-14
 

Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto. Quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto.

L’invitato sei tu. Abbi il coraggio dell’ultimo posto. Sono tutti capaci a salire sul podio dei più bravi, più forti, più belli: accetta la sfida del piccolo, del meno, dell’ultimo. Accetta di vivere l’ombra e il silenzio, non perché tu non meriti la luce e la considerazione. L’autore latino Orazio dice bene: “Non è il posto che fa la persona, è la persona, al massimo, che fa il posto. Dovunque mi porti il vento, io, arrivo come ospite d’onore.” La tavola è il luogo della condivisione, della festa, della comunione. Perché perdere la pace per un posto? Sei invitato, sei tra gli amici, e non c’è una graduatoria.

L’ultimo posto è il luogo dove tu incontri te stesso, dove, magari in penombra, scopri il tesoro da donare ai commensali. Chi è al primo posto è scombussolato dai flash, dai saluti, è impegnato a comparire, è nella confusione delle strette di mano, delle pacche sulle spalle, dei continui sorrisi a destra e a manca. L’ultimo posto è un regalo da vivere, quasi un privilegio, perché è là che incontri il vero te stesso, è là che incontri gli altri.

Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini. Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi.

Tu inviti. Hai vissuto l’ultimo posto, e sai cosa vuol dire. Proprio là, in fondo alla tavola, hai incontrato belle persone, sconosciute e nascoste, chiuse nel loro mondo. Hanno condiviso con te una festa di nozze forse un po’ atipica, non siete stati tra i protagonisti principali, non comparite nelle foto di quel giorno, eppure eravate là, a mensa. Ora tocca a te: stai organizzando un momento conviviale, invita chi è ai margini, chi non può invitarti, chi a te proprio non ci pensa.

L’invito può essere fatto in mille modi, spesso è sufficiente un sorriso, il tenere la porta, un ciao con la mano, un “buongiorno!”. Spesso pensiamo che per cambiare il mondo dobbiamo fare azioni eclatanti, chissà quali cose, e poi ci perdiamo occasioni uniche e irripetibili, dove gli ultimi che popolano i nostri giorni, le nostre vite rimangono a bocca asciutta, senza una mensa dove potersi sedere, dove condividere qualcosa di buono e di bello.

Tra gli ultimi, in silenzio, anche Gesù è lì ad attendere un invito, una sedia. Apparentemente non parla, non chiede nulla, attende un tuo cenno. Lui è l’ultimo, quella persona a cui non hai mai pensato, è Colui che sa donare senso ai tuoi pranzi e alle tue cene. Lui ti invita alla sua tavola, condivide tutto con te, spezza il pane e versa un buon bicchiere, vuole vederti felice e soddisfatto, e tante volte non riceve neanche un grazie.

Gesù è l’ultimo, che vive l’abbandono e talvolta il disprezzo. Il suo vangelo è spesso trattato come una favola, una bugia. Nei giorni più bui della sua passione e morte nessuno lo ha invitato, nessuno lo ha considerato. Il cielo buio e la terra nera hanno accolto il suo ultimo respiro. Oggi ti viene chiesto di fare attenzione nella tua lista degli invitati: spesso la festa viene salvata da un racconto, una situazione non programmata.

Gesù è l’invitato dal quale non ti aspettavi niente e che invece “make your day”, dicono gli inglesi: crea il tuo giorno. E una cena insieme diventa il momento propizio, il luogo dell’incontro, dove l’altro non è più uno sconosciuto, ma l’Amico, il confidente, colui che ti accoglie per quello che sei.

Cieco, zoppo, storpio, povero, non importa: avrai sempre un invito, non sarai solo, il tuo cuore non rimarrà freddo e arido, ma sarà colmato di affetti e di presenze. Ciechi, zoppi, storpi, poveri attendono da te lo stesso trattamento, e magari avrai la bella sorpresa di condividere anche solo un piatto di pasta o un’insalata con Gesù. Dipende da te, perché Lui c’è sempre.