Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. (Gv 19,38-40).

Il corpo morto del Signore viene staccato dalla croce. Quel legno e quei tre grossi chiodi hanno compiuto il loro macabro compito.
Giuseppe e Nicodemo accolgono il corpo di Gesù e lo onorano con grande devozione. Quel corpo che ha sofferto tutto ciò che era possibile soffrire ora viene svincolato da ogni legame, liberato da ogni peso, avvolto nel lenzuolo candido della pietà e unto da oli profumati, come a voler risanare piaghe e ferite e lenire anche dopo la sua morte il dolore vissuto.

E il profumo della vita giunge anche là dove la morte estende il suo dominio. Il Signore della vita è un corpo esangue che ha donato tutto per amore.

Luca Rubin

Ci sono momenti, Signore,
in cui è difficile credere.
perché la realtà
ci sbarra la strada
e non vediamo vie d’uscita:
un lavoro che non c’è più,
un amore che non sboccia,
una brutta malattia,
un corpo senza vita.
In quei momenti
ci sentiamo soffocare.
Tutto diventa uno schifo,
tutto diventa un dolore.
In quei momenti, Signore,
abbiamo bisogno di Te
come non mai.
Nel nostro venerdì di morte,
mostraci la luce
della tua domenica di Vita.

Patrizio Righero