Venite in disparte
Mc 6,30-34

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. I Dodici sono tornati dalla missione e fanno di nuovo gruppo con Gesù. Siediti anche tu con loro. Dopo tanto tempo è bello ritrovarsi tutti, scambiarsi abbracci, condividere esperienze, successi e fallimenti, esplodere in una grande risata per qualche episodio comico. I Dodici stanno con Gesù, intorno a Lui, con il desiderio grande di raccontare, di raccontarsi, di dirgli tutto. Gesù è già l’altare del dono e della condivisione, è già pane spezzato e vino versato per la gioia di chiunque si accosta a Lui.

Anche tu sei in questo cerchio d’amore: dona te stesso e accogli Gesù e gli altri, in uno scambio che porta e riceve vita. Questa immagine ci richiama anche la prima comunità cristiana: “erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui.” (At 1,14). Gesù è il seme originante la comunità: solo se c’è Lui è possibile edificare insieme.

Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Dopo un primo momento di accoglienza e di festa, Gesù stesso desidera una maggiore intimità, certamente interpretando anche il desiderio degli altri. In questa riga di vangelo c’è un concentrato di vita di fede che sbalordisce.

  1. Venite per entrare in intimità con Gesù c’è bisogno di alzarsi in piedi, decidersi, e fare un percorso, camminare;
  2. in disparte. Chi è in disparte? Colui, colei che lascia tutto per dedicarsi completamente a un’azione ben precisa. Noi spesso ci definiamo ‘multitasking’, facciamo tante cose insieme, e così facendo, oltre allo stress, creiamo in noi dispersione e confusione. Stare in disparte significa invece concentrarsi in un’azione specifica, e in quell’azione mettere tutto noi stessi, a tutti i livelli: fisico, psichico, spirituale, morale…
  3. Voi soli. Chi è solo? Chi non ha nessuno con sé, ma anche chi non ha nulla a cui fare riferimento. Il dettaglio della solitudine è fortemente voluto da Gesù, che desidera il cuore, l’essenza, non l’orpello, la ridondanza, l’inutile. Se si è davvero soli si accoglie la Presenza del Signore come la terra assetata riceve la prima pioggia; questa solitudine predispone il cuore all’incontro e quindi al dono.
  4. In un luogo deserto. Ennesima sottolineatura solo apparentemente inutile: il luogo deserto non ha nessuna attrattiva in se stesso, non è un valido diversivo alla noia, anzi: è un luogo da rifuggire, da evitare. Come la solitudine, il luogo deserto è spazio per accogliere, è possibilità di relazione, è il grembo che ci fa nascere.

Questi quattro elementi portano al fine: riposatevi un po’. Gesù ha a cuore il bene dei suoi amici, interpreta i loro sentimenti, vive la loro stanchezza, e si fa loro prossimo, preparando per loro un momento di pausa.

Erano molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Ecco qui lo stress, la frenesia, le corse, gli affanni, la paura di non riuscire a fare tutto, l’ansia, a cui le nostre giornate sono troppo frequentemente esposte. “Non mi sono neanche seduto a mangiare” qualche volta diciamo, così travolti dalle cose da fare, e sicuramente non è una bella esperienza. Gesù visita questo stress, lo accoglie e lo riconosce, e dice: riposati un po’, torna ad essere uno, e non mille persone. Lascia tutto e ritrova te stesso, ritrovati in Me, ritrovati con Me.

Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Si sono staccati da tutto e da tutti, anche dalla terraferma, hanno investito tutto per stare in questo luogo deserto, in disparte, loro soli. Questa ripetizione degli stessi termini non è casuale, ma indica che le disposizioni date da Gesù sono state eseguite integralmente, non per un adempimento solo formale, ma con l’adesione del cuore, della volontà. Lo stesso desiderio iniziale di raccontarsi, ora diventa gioia di obbedire, di essere uno con il desiderio di Dio.

Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Come sempre, la folla non solo non capisce, ma non ha neppure rispetto. A queste persone non interessa minimamente se sei stanco, se sei impegnato, se hai un programma: interessa solo farla franca, capirono, dice il vangelo, capirono come e dove raggiungerli, ma non capirono, non compresero il loro desiderio. Non solo: addirittura li precedettero, i Dodici con Gesù non hanno scampo. Ecco cosa provochiamo quando non accogliamo l’altro, ma mettiamo al centro noi stessi, il nostro insaziabile egoismo. Roviniamo il progetto di Dio, cerchiamo morbosamente la sua attenzione, ma senza offrire un minimo di amore e di comprensione.

Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro. L’atteggiamento di Gesù è spiazzante: davanti a chi non lo rispetta Lui ha compassione di loro, li sa accogliere, li comprende, li ama in questa loro morbosità. Spesso invece succede che siamo abilissimi a indicare il peccato, il limite, la mancanza, a disquisire, a condannare, in nome di una presunta verità, addirittura in nome di Dio, e perdiamo completamente di vista la persona, non ci sforziamo neppure di capire e di comprendere, accecati come siamo dalla legge, dalla regola. Dall’odio.

Perché erano come pecore che non hanno pastore: la compassione di Gesù va oltre all’azione irrispettosa della folla, e giunge al perché di un tale comportamento: questa folla non ha una guida, un pastore. E la guida, oltre a essere esterna, una persona, è interna. Queste persone non sono guidate, e loro stesse sono vuote. Ecco la causa di questo sbandamento, di un tale comportamento. Le pecore senza pastore si disperdono, belano compulsivamente, sono esposte a tutti i pericoli, e presto o tardi qualcuno avrà la meglio su di loro. Ecco dove nasce la compassione di Gesù: è il sentimento del pastore che dà la vita per le pecore, che non risparmia nulla affinché tutte siano salve.

Si mise a insegnare loro molte cose. Ecco il pastore che si rimbocca le maniche e mette ordine tra il gregge, richiama quelle più lontane, accarezza le affaticate, fascia le ferite, ha un momento di tenerezza per l’agnellino, e avanza tempo per una carezza al cane pastore. Questo insegnare di Gesù è riempire quel vuoto esistenziale che disorienta, è versare l’olio della guarigione su tanti cuori malati. Non è una lezione accademica, ma è proprio in-segnare, segnare dentro, rimettere ordine nella vita, ridare la giusta priorità.

Tornando all’inizio di questo brano, possiamo affermare che la preparazione, la solitudine, il luogo deserto, pur non avendo prodotto il riposo sperato, ha portato frutto per questa folla: il silenzio, la solitudine, il luogo dell’incontro portano sempre un beneficio, a noi ma anche agli altri. Forse non lo constateremo mai di persona, ma l’opera di Dio è sempre concreta e un domani avremo belle sorprese in Paradiso.

“Il Signore sia sempre con voi, ed Egli faccia che voi siate sempre con Lui” dice santa Chiara d’Assisi: in questo stare c’è la pace e la salvezza, nostra e della folla.