Fu preso da grande compassione (Lc 7,11-17)

Sei arrivato al capolinea, non puoi fare altro che scendere. E magari piove, non c’è nessuno ad aspettarti ed è scesa la notte. Non hai soldi con te e sei lontano da casa. Peggio di così non potrebbe andare. Mica per niente sei al capolinea. Pensi a come ci sei finito lì, era un bel progetto, tutto sembrava perfetto, meraviglioso. Ma poi hai iniziato una discesa improvvisa e velocissima che ti ha sbattuto a terra, dove sei ora.

Una volta toccato il fondo, puoi solo risalire, riprendere quota, piano piano, cercare dentro di te quelle forze che non pensavi di avere (in psicologia si chiama resilienza), e in un alternarsi di alti e bassi, ritrovi un tuo benessere. Certo, quel momentaccio ti ha provato duramente, e la cicatrice è ben visibile ai tuoi occhi.

Sono però sicuro che in quel periodo bruttissimo hai trovato qualcuno che ti ha teso la mano: un amico, un collega, qualcuno che ha percepito la tua sofferenza, l’ha fatta sua, e si è fatto tuo compagno di viaggio per un tratto di strada. Oh certo, non ha risolto il tuo problema, quello sta a te, ma ti ha regalato un po’ di sollievo, la sua mano ti ha trasmesso quel calore umano di cui avevi bisogno per riprendere speranza. Ti ha consolato, ti ha detto, col cuore in mano, di non disperare, che se c’è un problema c’è anche una soluzione.

Davanti a una birra o a un caffè, ha toccato il tuo problema, insieme a te lo ha analizzato, ha cercato tutte le possibili o impossibili soluzioni, magari vi siete anche scontrati, perché avete vedute differenti, eppure lui c’era. E quando, dopo l’ennesima chiacchierata, gli dici che forse, sì, sembrerebbe che hai trovato una via di uscita, lui col più grande sorriso ti ha incoraggiato a provarci, a tentare quella strada.

Lui rimarrà il vero amico. Anche ora che hai riacquisito un tuo equilibrio, lui ha un posto speciale nella tua vita, perché non ha avuto schifo del tuo capolinea, non si è scostato come tutti gli altri: è rimasto, imperterrito, a donarti affetto e presenza.

Il brano di vangelo segue esattamente queste dinamiche. E non tanto per dire che Gesù è il nostro migliore amico (troppo facile!), ma per dirci come essere una presenza di amore per le altre persone. Se io dico: “Gesù è il mio migliore amico”, a me non rimane niente da fare. Se io invece mi pongo come amico, allora mi devo rimboccare le maniche, non devo aver paura di toccare il problema della persona che mi sta a fianco, anzi, lo faccio mio. Gesù rimane la fonte dell’amore, ma io sono il bicchiere da riempire e da donare a chi ha sete: non posso delegare. Se non ci sono io, non ci sarà nessuno. E al mio capolinea non ci sarà una mano tesa ad accogliermi.