Pagina di vangelo

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro:
«Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

Senza testimonianza. È questo il significato originale di “peccatori”, e può avere due letture, una giuridica: colui che pecca è senza testimoni, la sua parola non ha valore, è indifendibile, perde ogni merito e tutto ciò che fa non ha alcun valore; un’altra lettura, più esistenziale: il peccato ti isola da tutti e da tutto, non per fare il bene, ma per fare il male, per essere il male. In entrambi i casi, davanti al fatto storico riportato (un gruppo di rivoluzionari che furono messi a morte da Pilato), Gesù va oltre, ed evidenzia come tutti quanti, anche io e tu, siamo senza testimonianza e quindi isolati dagli altri, faremo una brutta fine. Quel “Se” è proprio il dono di Dio per ciascuno: se non vi convertite sapete già il finale del film, se vi convertite – ci dice Gesù – lo scenario si apre e potremo vivere mille colpi di scena e cambiamenti di orizzonte.

Conversione: anche qui il greco ci viene in aiuto: il termine originale è metanoia, che potremmo tradurre “pensare dopo”: convertirsi è cambiare testa! Io penso dopo un percorso di vita, dopo tante esperienze, dopo tanti vissuti, e questo pensare dopo mi ripara le ali per riprendere il volo, un volo totalmente diverso, non per il traguardo, ma per le tappe, le esperienze, gli incontri: tutto è trasformato da quel “pensare dopo”, anche io, anche la mia vita! E se le azioni di chi è “senza testimoni” non hanno alcun valore, le mie volano (anch’esse) sui mercati mondiali, disegnando un’impennata senza precedenti…

Sì però stai calmo: questa conversione non è una medaglia da ostentare, ma una conformazione a Cristo, povero e crocifisso, per dirla in altre parole: vola alto ma a testa bassa, con piena consapevolezza di chi sei e totale fiducia in Colui che traccia la tua rotta: non fare più di testa tua!

O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

Senza obiettivo. Gesù fa riferimento a una tragedia che aveva avuto molto risonanza a quel tempo: il crollo di una torre (si pensa a causa di un temporale) che travolse diciotto persone. Qui Gesù non usa più il termine “peccatori”, senza testimoni, ma il termine “colpevoli”, che nella lingua originale del vangelo viene tradotto come “senza obiettivo”, un termine militare, per indicare chi ha mancato la mira e non ha centrato l’obiettivo, appunto. Se quei rivoluzionari hanno compiuto il male, e quindi sono senza testimonianza, questi poveri diciotto travolti dalla torre hanno mancato l’obiettivo, hanno perso, non certo per loro colpa, ma comunque hanno perso tutto, hanno perso la vita.

Può succedere di perdere, lo diciamo anche con i proverbi: l’importante non è vincere ma partecipare, ma qui Gesù non sta parlando di una partita a calcio o briscola: sta parlando di morti, di persone che ormai non hanno più nessuna possibilità. Mancare l’obiettivo significa non avere un percorso, significa vagare senza meta, significa non porsi delle priorità. Questa vita così disorientata e dispersa non potrà che finire male.

Due situazioni completamente diverse ma con la stessa lapidaria conclusione da parte di Gesù: “Se non vi convertite…”. Questo pensare dopo è come il timone della tua vita, una colonna che regge tutta la tua esistenza, e non avviene una volta per sempre, non ci viene dato un Attestato di Conversione, proprio perché. testoni come siamo, abbiamo sempre bisogno di quel “pensiero-dopo” che corregge gli strafalcioni e ci rimette in pista.

Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Taglialo! Effettivamente tre anni e neanche un fico è davvero troppo poco, e la sproporzione tra tempo e benefici è insostenibile. Quante situazioni ci possono venire in mente, quando tutto è inutile, non se ne cava un ragno dal buco (un fico in questo caso). Davvero è deprimente dedicare anima e corpo, tempo ed energie per niente. E allora se è niente, niente sia, definitivamente.

No dai, lascialo! Il servo si era forse affezionato a quell’albero improduttivo, magari faceva la pausa pranzo all’ombra delle sue fronde, e tenta il tutto per tutto. Zappare per togliere tutte le erbacce infestanti, concimare per nutrire il terreno in modo che l’albero possa assimilare tutti i sali minerali che gli servono per crescere e fruttificare. Queste due azioni proposte dal servo sono un ottimo programma per noi: estirpare brutte abitudini, modi di fare negativi, atteggiamenti di ripiegamento, e nutrire il nostro cuore con la Parola di Dio, con la preghiera, per rendere la relazione con Dio sempre più bella e piena di buoni frutti.

Chissà come si sentiva quell’albero di fico in questo dialogo tra il proprietario e il contadino suo servitore. Chissà come ti senti tu tra colpevoli e peccatori, tra alberi improduttivi, padroni armati di accetta e servitori che ti ricoprono di… sostanzioso e fumante concime! Ma se ci pensi la vita ti porta sempre oltre, non si è mai arrivati, c’è sempre una via che si snoda davanti ai tuoi passi, c’è sempre una tappa, un’oasi che ti conforta e ti dà nuovo vigore per affrontare giorno dopo giorno quella conversione, quel “pensare-dopo” che plasma i tuoi giorni e ti rende icona splendente dell’Amore di Dio.