Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa (Mt 16,13-20)

Le relazioni (di amicizia, di amore, professionali, qualsiasi tipo di relazione tra persone) possono essere nuove (ancora impacchettate nel loro cellophane, con bigliettino e libretto delle istruzioni, magari corredate di garanzia), oppure usate (logore, consunte, strapazzate, scucite e ricucite, rattoppate, mancanti di qualche pezzo, lacerate e cicatrizzate). A una relazione nuova preferisco mille volte una relazione usata, vissuta fino in fondo con tutto ciò che ne consegue: sofferenza, fatica, offese e riconciliazioni, richieste di perdono, rappacificazioni, in un’altalena di emozioni e sentimenti, che diciamocelo, è logorante e faticosa a lungo andare, ma che se non ci fosse, la vita sarebbe angosciosamente vuota e arida.

Se guardiamo la relazione tra Gesù e Pietro (no, non il primo papa: Pietro il pescatore!), possiamo vedere come sia senz’altro una relazione usata e strausata, Nei vangeli Pietro è sempre quello che la dice più grossa, che fa fatica a stare dietro al Maestro, che nonostante tutto non usa maschere e dice chiaramente ciò che pensa. Pietro che rinnega e fugge la passione e la morte del Signore, Pietro che grida: “non lo conosco!” che piange, ma che non dispera. Pietro che davanti a tutto ciò riconosce la sua miseria e tutta la misericordia di Dio, Amore che perdona e accoglie, sempre.

Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa

Questa premessa ci porta al vangelo di questa domenica: secondo te chi è la pietra: Pietro o Gesù? Pensaci bene eh! Pietro ha fatto esperienza del proprio limite, si è scontrato e schiantato col proprio nulla, ha fatto esperienza di miseria e di misericordia, ha ricevuto il perdono del Signore. In tutta questa esperienza profondamente umana, chi è stata la Roccia, la pietra solida sulla quale Pietro ha potuto fare riferimento, qual è stata la base da cui partire e ripartire, in un viaggio di ricerca e conversione che dura tutta la vita? “Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo” (At 4,11). Gesù è la pietra, la roccia su cui fondare la propria vita, sulla quale puntare tutta la nostra debole speranza, e sulla quale ripartire ogni volta, dopo ogni sconfitta, proprio come ha fatto Pietro il pescatore, il quale non si è mai sognato di essere pietra, ma si è sempre affidato pur con fatica e tentennamenti, alla Pietra Gesù, roccia di salvezza.

A te darò le chiavi del regno dei cieli

E anche qui, nell’immaginario collettivo Pietro il pescatore oltre che primo papa viene assunto da millenni come portinaio del paradiso, proprio in base a queste parole del vangelo. Interessante notare che nel Nuovo Testamento ci sono solo due chiavi: quelle di questo versetto e quelle nell’Apocalisse: “Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi.” (Ap 1,18). Queste chiavi le ha Pietro o Gesù? O nessuno dei due? Il versetto dell’Apocalisse non nomina Pietro, ma Gesù, il Vivente. La chiave è la sua croce, la sua morte e resurrezione, la sua vita donata e ripresa. A Pietro, ma anche a te, a me, a ogni persona di buona volontà, viene affidata questa chiave, non per spadroneggiare e comandare, ma per essere servi e strumenti della salvezza.

Pietro ha fatto esperienza di se stesso e di Gesù, si è fidato e affidato, ha saputo chiedere e ricevere il perdono, è sempre stato discepolo, cioè ha sempre imparato dal Maestro. E’ Gesù la Pietra, è Gesù la Chiave. Il vangelo di oggi ci invita a riscoprire la nostra vocazione di credenti che vivono e fanno esperienza dell’amore di Dio, che hanno una relazione usata con Dio, magari con una copertina incolore e con macchie d’olio, come i quaderni dei bei tempi andati, ma dai contenuti vibranti, forti, con macchie e cancellature, con fogli strappati dalla gomma, dal nervosismo di chi ha sbagliato e che nonostante tutto vuole ripartire. Gesù Roccia, Gesù Chiave. Anche per te, oggi.