Dell’asino e del bue nel vangelo non c’è traccia, eppure sono i due animali più famosi e sempre presenti in ogni presepe che si rispetti. La tradizione li ha collocati come “fonti di calore” per il Bambino Gesù, il quale è posto in una mangiatoia, quindi qualche animale nei paraggi ci doveva essere, ma non solo: si pensa che sia stato un versetto del profeta Isaia a ispirare questa tradizione:

“Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende” (Isaia 1,3).

L’asino e il bue sono lì accanto a Gesù bambino per ricordare a Lui con chi ha a che fare: questa natura umana che ha assunto è testona e ribelle, e ci vorrà tutta la sua misericordia per conquistarla. A noi invece ricordano che non abbiamo bisogno di super-poteri o doti grandiose per essere vicini al Signore e donare un po’ di calore, questa volta umano: il bue e l’asino sono presenti, donano il poco che sono, senza farsi mille problemi su chi sono o come sono. Se ci pensiamo sono i due animali più citati per insultare o sminuire qualcuno, ma loro sono lì, nonostante tutto, felici di poter dare un po’ di tepore al Figlio di Dio. Il prossimo Natale ci trovi pronti come l’asino e il bue: essere profondamente noi stessi, con tutti i nostri limiti, tra ragli e muggiti, contenti di essere amati infinitamente da Dio, un Dio che cerca i piccoli, i deboli, gli imperfetti. E li cerca così tanto da diventare anche Lui uno di loro.