Una categoria di persone molto presente nel presepe sono gli artigiani: falegnami, fabbri, mugnai, fornai, carpentieri, ecc. Ci ricordano che il Figlio di Dio con l’incarnazione ha vissuto anche la dimensione del lavoro, della fatica. Spesso ci dimentichiamo che Gesù Cristo per trenta lunghi anni ha vissuto con Maria e Giuseppe, e ha lavorato a bottega: era conosciuto come il figlio del falegname.

Gli artigiani vivono attraverso il lavoro delle loro mani, la virtù della pazienza, della precisione, compiono sovente gli stessi gesti centinaia di volte per ottenere un prodotto di qualità. Riflettendo: perché ai giorni nostri questi antichi mestieri vanno sparendo? Sicuramente il consumismo sfrenato non favorisce il lavoro dell’ombrellaio o della rammendatrice, ma forse c’è un motivo più profondo: non si è più disposti a perdere tempo, o meglio a investirlo. Si banalizza tutto dicendo “the time is money, il tempo è denaro”, assumendo così uno stile di vita frenetico e in continua fretta, e se non hai fretta devi comunque averla, sennò fai brutta figura. Gli artigiani ci insegnano ad investire il nostro tempo, a saper vivere il silenzio di un lavoro magari monotono ma tuttavia creativo, e in quel silenzio operoso, trovare delle tasche di riflessione, preghiera, di affidamento a Dio.

Il figlio del falegname ci è a fianco nelle fatiche di ogni giorno, comprende bene la stanchezza, le frustrazioni, la fatica di arrivare a fine mese. Non neghiamo la sua compagnia, anche in ufficio, in negozio, in officina. Potremo leggere pagine di Vangelo scritte da noi!