Pagina di Vangelo: Gv 8,1-11

Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.

Questa introduzione è in realtà una sintesi meravigliosa di tutta la vita e l’opera del Signore:

  • il monte degli Ulivi è luogo della preghiera, luogo scelto anche per la sua preghiera prima dell’arresto;
  • il tempio è il luogo della santità di Dio in mezzo al suo popolo, come un anello di congiungimento tra la terra e il cielo;
  • il popolo, è il mondo, destinatario della buona notizia portata da Dio attraverso l’incarnazione del Verbo;
  • l’insegnamento: Gesù è maestro, e tutto ciò che insegna lo vive egli stesso in prima persona.

Preghiera, tempio, mondo, insegnamento. Sono i quattro punti cardinali della bussola di Gesù, e ora, ben orientati, possiamo camminare e pascolare sulla pagina del vangelo che ci viene donata.

Gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.

Scribi e farisei indicano quella persona come “donna”, per ben tre volte. E per tre volte viene accostato a questa donna il suo peccato. Una donna senza volto, senza nome, senza voce, senza alcuna dignità, una donna sola con la sua colpa, senza nessuno che la accolga. La pongono in mezzo per farla sentire ancora più sola, braccata, condannata. Citano Mosè e propongono di cancellare ogni traccia di quella donna, già così annullata, uccidendo anche il suo corpo, dopo aver ucciso la sua essenza.

Com’è lampante, a scribi e farisei non importa minimamente di quella donna, della sua storia, non le chiedono come si chiamasse o dove abitasse: lei è usata, ancora una volta, per trarre in inganno Gesù. In realtà queste persone creano nella vita di quella persona una ferita ancora più profonda, più grande e più grave del suo stesso peccato. Siamo davanti a una donna usata, prima e dopo, da chi non ha alcuna intenzione di accogliere e di amare, ma solo di appagare il proprio desiderio, qualunque esso sia, e poi buttare via il contenitore vuoto.

Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra.

Gesù si china. Chinarsi significa abbassarsi, farsi piccolo, tentare di scomparire, non per vigliaccheria, ma perché non si condivide minimamente quel modo di fare. Gesù chinandosi assume in se stesso le emozioni di quella donna: anche lui si sente annullato, condannato, braccato, e si rende solidale con lei, abbassandosi, esprimendo con un linguaggio non verbale la sua vicinanza. Questo chinarsi non è forse l’atteggiamento di una mamma o di un papà verso il proprio piccolo? Gesù vive il DNA del Padre, che si fa prossimo, vicino, premuroso, partecipe nei confronti dei suoi fratelli più piccoli, come è piccola questa donna. E scrive per terra, non ci è dato sapere cosa, e neppure vogliamo creare un quadretto romantico di supposizioni. Fatto sta che si china e non sta immobile, ma scrive.

Mentre le dita di scribi e farisei sono puntate verso quella povera donna, Gesù tocca la terra, non ha paura di sporcarsi le mani: quella terra è la sua carne, scolpita e plasmata da ogni tuo respiro, da ogni tuo pianto, è la terra del tuo cuore che Dio desidera abitare, per renderla un giardino pieno di colori, di profumi, di frutti.

Gesù si china e scrive. E’ la mappa del tesoro, che Dio ti consegna nella sua Parola. Dio si abbassa per raggiungerti, per guardarti negli occhi, per incontrare la tua bassezza. E in quella bassezza scrive qualcosa, che solo tu e Lui sapete, una sorte di vangelo segreto, intimo, sacro, la storia di Dio che si intreccia con la tua, la storia di Dio che non può fare a meno di te.

Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».

Gesù si alza e affronta gli accusatori. Dopo aver condiviso la polvere e le lacrime della donna, ora si alza e si relaziona con chi si sente tanto grande e fiero difensore della legge mosaica. Si alzò e disse loro: sono due verbi ma è uno solo. Gesù non è indeciso, sa bene cosa dire, e mentre si alza già parla. Non cita la donna e neppure il suo peccato, Lui diventa lo scudo di protezione e di tutela di chi è schiacciato dal giudizio. E’ molto diretto Gesù: non indaga su ciò che è successo, non chiede testimoni, ma spiazza tutti i presenti con una sola mossa, ponendo loro davanti allo specchio: come ti vedi? Sei così perfetto? La legge di Mosè è applicata alla perfezione nella tua vita? Dai, non dirmi che riesci a vivere tutti i 613 precetti dell’Antico Testamento! E poi, non sbagli mai, sei sicuro?

Prima Gesù si sporca le mani con la terra, ora la mostra a scribi e farisei: siete anche voi terra e polvere, non innalzatevi, che chi più in altro sale più si fa male quando cade. Imparate ad amare, imparate ad essere vicini, non giudici implacabili ma uomini di misericordia, fratelli di quella donna. La mettano al centro non per condannarla ma per accoglierla, difenderla, per donarle quella dignità deturpata da altri uomini.

E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra.

Gesù torna da quella donna, e scrive, scrive ancora. E’ lo stile di Dio, che solo sa amare ed essere vicino. La terra, la polvere, la miseria, il pianto sono come calamite potentissime. Si è chinato una volta e ancora si china, come chi non sa stare lontano. Scrive: Gesù desidera che quella terra non sia un’inutile spreco di dolore e di morte, ma porti un messaggio (per questo si scrive), e chi legge possa rialzarsi da quelle ombre e vivere una vita nuova.

Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.

Non c’è storia: la verità su se stessi abbaglia e lascia senza parole. Le mani furenti che volevano scagliare pesanti pietre su quella donna, vengono aperte e disarmate, in nome di quell’umanità limitata e bisognosa, un’umanità che è di tutti, anche di chi si sente forte e potente. Se ne vanno uno per uno, non tutti insieme: mentre la condanna è un’azione del branco (ahimè anche in tribunale), il cammino verso la verità è personale, individuale.

Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?».

Gesù è con il solo, Gesù con-sola, e si alza ancora una volta, definitivamente. In questa seconda ascesa fa alzare anche la donna, attraverso due domande, in tre movimenti, bellissimi:

  • Donna. Anche Gesù non la chiama per nome, rispettando chi lei è in quel momento: una donna senza volto e senza nome. Dio non ci attende guardando l’orologio, ma ci viene a trovare là dove siamo, chinandosi e abbassandosi.
  • Dove sono? Questa domanda è un’affermazione: se ne sono andati, puoi alzarti, puoi sperare, puoi vivere di nuovo. E in questa resurrezione io Gesù sono con te, risorgo con te.
  • Nessuno ti ha condannata? Altra domanda che afferma, altra domanda che aiuta a prendere consapevolezza e a rialzarsi da quella terra. Gesù non solo difende la donna dal branco, ma ha cura di lei, è il samaritano che la soccorre, la cura, la risana, le permette di rimettersi i piedi e continuare il suo percorso.

Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Scribi e farisei lo chiamano Maestro, perché desiderano da Lui una presa di posizione e un’applicazione giuridica della Legge; la donna lo chiama Signore, titolo che nell’Antico Testamento è riservato solo a Dio, e che qui indica l’uguaglianza di Gesù con Dio. La donna, grazie a Gesù, ha fatto esperienza di resurrezione, e alla risposta aggiunge anche la sua professione di fede: Nessuno, Signore.

Nessuno, cioè neppure uno, e a questo zero Gesù sottrae anche se stesso: “Neanche io”. Non solo se ne sono andati tutti, non solo Gesù aiuta la donna a riprendere quota: ora le dice che il suo presente è libero da ogni ostacolo, e Lui, il Signore è il servo della resurrezione. Lui non ha mai posto l’accento sul peccato: a Dio non interessano i codici civili ma le persone. Ora, forse sorridendole, dice a quella donna rialzata e riabilitata: “va’ e d’ora in poi non peccare più”. Va’: sei libera, puoi tornare a vivere, è un invito a riprendere il cammino. Non peccare più: né nel futuro, tornando a perdere nome e volto, né nel passato, con continui rimorsi e sensi di colpa. Gesù libera definitivamente chiunque lo segue, a 360 gradi.

Questo orizzonte nuovo, generato dalla vicinanza di Dio, è il luogo della Pasqua di resurrezione: va’ e d’ora in poi non peccare più.