Pagina di vangelo: Lc 19,28-40

Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

Cammina davanti a tutti solo chi sa dove andare, chi ha ben chiara la meta, chi è risoluto nel raggiungere il traguardo che si è proposto. Gesù sale a Gerusalemme, e non a fare festa; gli osanna e gli onori che riceverà a Gerusalemme non sono il perché della sua determinazione, ma solo un dettaglio, e neppure il più importante. Gesù va a compiere l’atto supremo che sigillerà per sempre la sua vita di Figlio di Dio e Verbo fatto uomo. Gesù cammina davanti a tutti e va a morire. Cammina davanti chi conosce la strada e quindi può guidare gli altri. Gesù cammina anche per te che lo segui, o che vorresti seguirlo, ti piacerebbe seguirlo, ma i “ma” e i “se” sono rovi e spine che intralciano il cammino. Gesù ti apre la strada perché non solo tu possa camminare, ma camminare con Lui, e quindi con Lui stare.

“Il Signore ne ha bisogno”.

Questa affermazione non ha senso. Se è il Signore, e quindi il potente, l’onnipotente, non ha bisogno di niente e di nessuno. Eppure lo ha detto: “Il Signore ne ha bisogno”. Gesù alla vigilia della sua passione e morte coniuga indissolubilmente due realtà: il Signore (Dio) ne ha bisogno (creatura). È sempre stata questa l’opera voluta da Dio attraverso l’incarnazione del Verbo: non un Dio stile Giove, arrabbiato, lontano e capriccioso, ma Dio padre e madre, Dio bisognoso dei suoi figli, così Dio che si fa uomo per essere vicino ad ognuno.

Gesù ha bisogno di un asinello per entrare a Gerusalemme. Ha bisogno delle creature più povere e semplici per compiere grandi cose. Bisogno, non desiderio: avere bisogno è non poter fare altrimenti, è qui che si colloca la relazione tra me e Dio. Non solo mi vuole bene, non solo desidera la mia compagnia e mi offre la sua: Lui ha bisogno di me. Ha avuto bisogno di una ragazzina e del suo fidanzato, a Betlemme ha avuto bisogno di un riparo, ha avuto bisogno di fuggire in Egitto, ha avuto bisogno di lavorare duramente, ha avuto bisogno di attraversare città e campagne, ha avuto bisogno di quei poveri dodici uomini, ha avuto bisogno di compiere la volontà del Padre. Ora ha bisogno di quell’animale per entrare a Gerusalemme. La logica di Dio fa a pugni con le nostre categorie mentali su Dio. E nonostante questo Lui continua a dirti: “Il Signore ne ha bisogno”.

Tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto.

Ecco qui ciò che è rimasto a simbolo di questa giornata: i rami d’olivo, le palme (in spagnolo questa domenica viene chiamata Domingo de Ramos, Domenica dei rami, quale che sia la specie vegetale). I discepoli vedono il loro maestro e lo festeggiano “per i prodigi”. Un bel quadretto, senza dubbio, ma già da questa affermazione possiamo prevedere il finale. I discepoli lodano Dio non per Gesù ma per i prodigi, i miracoli.

Non capisco molto di TV ma credo che l’audience è la risposta a un programma, a una performance artistica: mi basta passare un’ora di relax, godermi lo spettacolo, e poi tornare alle mie faccende quotidiane. Non entro in relazione con la persona, non la conosco, e lei non conosce me. Spettacolo, applauso, tutto finito. Ecco come può essere andata quella domenica di tripudio: osanna e crocifiggilo sono sempre vicini di casa e purtroppo uno non esclude l’altro, ma anzi: vivono in simbiosi e si richiamano. Questa festa che va sviluppandosi intorno a Gesù che entra a Gerusalemme fa parte degli alti e bassi della nostra esistenza, alti e bassi visitati da Dio, rispettati profondamente, il Signore ne ha in qualche modo bisogno, ma non sono essi il traguardo.

Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».

C’è sempre qualcuno che ti dice il finale del film rovinando tutto. Rimprovera i tuoi discepoli: azzera questi alti e bassi, crea un ambiente asettico e ordinato, dove non ci siano emozioni fuori posto, dove io che non mi sento coinvolto posso continuare a vivere la vuotezza della mia vita senza scocciature. E se non li rimproveri tu lo faremo noi. Ecco come andò quella volta, tutte le volte nella vita di Gesù. La passione e la morte del Signore sono proprio l’apparente vittoria di questi loschi e ambigui personaggi.

È bello però vedere che Gesù non si ferma: attraversa anche queste facce cupe e ormai alle porte della città parla di silenzi e di grida, di persone e di pietre. E se il titolo del film è “Il Signore ne ha bisogno”, la seconda parte potrebbe essere “Mi scaldo con la legna che ho”. Fuori di metafora: che tu voglia o che tu non voglia il Signore ne ha bisogno. Ci stai? Bene, andiamo. Non ti va bene? Avanti un altro, l’opera deve proseguire.

Questa non è una mancanza di rispetto, tutt’altro! È la cura che Dio ha nel portare a compimento la tua felicità, a fronte di qualsiasi conseguenza. La sua stessa morte è necessaria, misteriosamente necessaria. Ecco perché davanti al silenzio omertoso degli uomini grideranno le pietre: perché il Signore ne ha bisogno!

Questa domenica che la liturgia colora di un rosso intenso, ospita la festa e gli osanna, ma allo stesso tempo, in sacrestia già fervono i preparativi mesti e grevi della Settimana santa, dove ci è dato di fermarci sul Signore Gesù, del quale il Padre ha bisogno, perché senza il Figlio che muore e risorge non potrebbe abbracciare noi, frutti della croce, ed eredi della resurrezione.