Mentre li benediceva, si staccò da loro (Lc 24,46-53)

 

Se la risurrezione è fuori dalle nostre facoltà mentali e fuori dalla nostra esperienza umana, l’ascensione, che oggi celebriamo, è davvero incomprensibile, e ci sembra di ascoltare la favola di Cappuccetto Rosso. Eppure anche oggi, come sempre, la Parola di Dio è concreta, reale; non è mai fuori ma dentro la vita che ogni giorno viviamo, dentro le nostre piccole o grandi esperienze.

“Alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo”.
Cosa fai quando accompagni un amico o un parente alla stazione? Alzi le mani, lo saluti, magari ti commuovi, nei casi più eclatanti sventoli un fazzoletto (è vero, non si usa più). Gesù fa lo stesso: alza le mani per salutare i suoi amici, e li saluta nel modo più bello, benedicendoli, facendo veder loro quanto sono amati da Lui, anche chi ha tradito, rinnegato, chi lo ha schiaffeggiato e insultato; ecco che cos’è la misericordia: è amore senza limiti che, come dice san Paolo: “non tiene conto del male ricevuto”. Questo amore è la morte e la vita del Cristo, immagine vivente di Dio Padre. Il suo saluto non poteva essere che amore, per i suoi, e per tutti coloro che credono all’amore, donato e ricevuto.

La chiave del vangelo di oggi è contenuta nella prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli: due angeli dicono agli amici di Gesù: “perché state a guardare il cielo?” Ecco la concretezza! Spesso rimaniamo a guardare il cielo, aspettando segni e prodigi, delegando il Signore ad agire al posto nostro. E Lui sorridendo ci dice: non funziona così: io ti ho dato l’esempio di come si fa ad amare, e nel vangelo trovi ogni risposta ai tuoi dubbi. Se stai fermo a guardare il cielo, non succederà niente. L’ascensione di Gesù ci insegna a rimboccarci le maniche, a darci da fare, a non smettere mai di amare fattivamente gli altri, educando il nostro cuore a un amore senza pregiudizi. Non deleghiamo: è tutto nelle nostre mani, e se non ci sei tu, non c’è nessun altro. Credere in Dio significa amare, non una statua di legno o una bella chiesa gotica, ma amare, servire, curare, consolare, proteggere chiunque è in stato di necessità, fisica e spirituale.

La seconda lettura ci dà una medicina per i giorni no: “Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza”. Non guardare il cielo, ma guarda negli occhi ogni persona di questo mondo, e quando è buio, dentro e fuori di te, ricordati il saluto di Gesù, la sua benedizione. Sentiti abbracciato da lui, e riprendi il tuo dono d’amore, più che mai prezioso e necessario, costi quel che costi.

Cari auguri a tutte le Mamme, e buona domenica a tutti!