Brano di riferimento: Mc 7,1-8.14-15.21-23

La pagina di vangelo  pone Gesù in relazione con tre categorie di persone: scribi e farisei, la folla, i suoi discepoli. Con tutti Gesù parla dello stesso argomento ma con profondità e prospettive diverse.

Si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, e lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Scribi e farisei partono con una domanda, ma svelano spudoratamente chi sono e qual è il loro fine. Essi chiedono il perché dell’atteggiamento dei discepoli a Gesù. Non chiedono direttamente a loro perché non hanno alcuna stima dei discepoli, li considerano uomini di serie B, e qualsiasi risposta possano loro dare non è reputata degna e consona, ecco perché si rivolgono al loro Maestro.

Non c’è stima né tutela della persona, le azioni che compiono o che non compiono non li riguardano, eppure esprimono il loro giudizio e conseguente condanna. Questo atteggiamento è anti-uomo, salva solo la propria facciata, fa sentire in regola, a posto con la propria “coscienza” e adempienti. La domanda è solo un pretesto per condannare, uno sgambetto fatto a Gesù e ai suoi. Ma…

Gesù rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». L’ipocrita in origine era l’attore che interpretava un personaggio, indossando una maschera e modificando la propria voce. Un sinonimo a noi più comune è pagliaccio, e non è certo un complimento. Il cuore di scribi e farisei  è lontano da Dio: che immagine triste! Eppure loro parlano in nome di Dio, interpretano la Legge, predicano, sono bravi a parole, ma il loro cuore è lontano, chiuso.

Recitano una parte, e poiché sono lontani, giunge in chi li ascolta una voce distorta e confusa, una voce che impone loro pesanti fardelli, inutili indicazioni e precetti, che schiacciano la persona e non la avvicinano a Dio: peggio di così! Scribi e farisei intralciano il cammino, disperdono chi cerca Dio, umiliano la persona, e tutto questo lo fanno in nome di dio (volutamente minuscolo).

Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». Ora Gesù si rivolge alla folla, quella folla tante volte maltrattata da ciarlatani e mercenari che non si prendono cura, ma che fanno di tutto per opprimerla, sfruttarla e sviarla. Gesù si avvicina alla folla, non solo fisicamente: il suo cuore è vicino, prossimo, si fa carico dei loro bisogni, capisce che la folla è disorientata, e si pone come loro maestro: “ascoltatemi e comprendete bene”. Questa empatia di Gesù verso la folla è la giusta via per mettersi in comunicazione, una comunicazione che è insegnamento, ma anche affetto, quell’amore fattivo e concreto che rispetta l’altro, lo circonda di attenzioni, lo accoglie come se fosse l’unica persona del mondo.

Cosa dice Gesù alla folla? che l’impurità, il male non è fuori ma dentro. Certamente c’è il male e il bene anche all’esterno, e se il bene mi facilita, il male mi rende più faticosa la vita, tuttavia se dentro di me è acceso il fuoco dell’amore, del bene, non potrò che spargere calore ed essere presenza positiva e luminosa. Se dentro di me ospito il male, il negativo, trasmetterò il freddo di un cuore lontano e buio. Quando si sente dire: “il mondo va sempre peggio” o espressioni simili, chiedi a te stesso: “io dove sono diretto? Chi/che cosa ospito dentro di me? E’ il miglior modo per migliorare il mondo: partire dal proprio mondo interiore, curare il nostro cuore e ciò che contiene.

E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo». Dopo aver rincuorato la folla e averla ristabilita nella verità delle cose, Gesù Maestro si rivolge ai suoi discepoli, e con loro spiega il concetto annunciato alla folla. Come ci sono i buoni propositi, cioè intenzioni per migliorare la nostra vita, (a patto che non rimangano propositi, ma vengano poi anche vissuti), ci sono anche i cattivi propositi, i propositi di male come li chiama Gesù, e sono tutti riconducibili a peccati contro i dieci comandamenti, tutti contro la vita e il bene. Infatti abbiamo sentito cosa ha detto a scribi e farisei: “Trascurate il comandamento di Dio”. Il comandamento di Dio è la felicità dei suoi figli, è la loro piena realizzazione, è l’amore. Chi ha il cuore lontano da Dio ovviamente non può donarci Dio, ma ci dona se stesso, la sua miseria, il suo ripiegamento malato, contaminando e rendendo malato il nostro cuore. Tuttavia un virus per innestarsi in un organismo, deve trovare un ambiente che lo riceva, un ambiente che favorisca la proliferazione del male (non sono medico per cui accetto ogni correzione). Così anche la nostra salute interiore può essere influenzabile dall’esterno, ma se io rifiuto il male, nessuno potrà contagiarmi.

Gesù mette i puntini sulle i, e chiarisce che sei tu il soggetto della tua vita, il protagonista assoluto: “Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza” (Dt 30,15.19-20). Il vangelo ci chiede un pit stop per vedere come va là dentro, per capire chi ospiti, ed eventualmente fare un cambio gestione: scegli il bene, scegli la vita!