Brano di riferimento: Gv 6,51-58

Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Se prima la folla mormorava a causa di Gesù che si è definito pane disceso dal cielo, ora “discute aspramente” perché lo stesso pane è la sua carne e ci viene data da mangiare. È davvero troppo! Senza andare a cercare nella cultura ebraica, anche per noi occidentali del 2018 affermare qualcosa del genere è davvero un assurdità fuori da ogni logica.

Eppure Gesù usa un linguaggio vicinissimo a noi. Non ti è mai successo di dire o di sentire qualcosa tipo: “sei così bello che ti mangerei, ti mangerei tutto da quanto ti voglio bene”? Il senso è proprio qui: Gesù desidera instaurare con ciascuno una relazione intima profondissima, che coinvolge davvero ogni parte del nostro organismo. Mangiare è un atto sacro, che preserva la vita, ma è anche un atto intimo, interiore. L’incarnazione non si ferma a Betlemme, ma cammina e si sviluppa giorno dopo giorno, anche oggi, portando in sé una potenza tale che sa sconvolgere le nostre vite, sia che la accogliamo, sia che la rifiutiamo. Non dimentichiamoci che l’opera di Dio ha questo potere.

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Questo è vero anche a livello fisico: se non mangiamo e beviamo moriamo.Gesù ovviamente va oltre; proviamo a tradurre col nostro linguaggio di oggi questo concetto: “se non entri in intimità con Gesù, un’intimità così profonda che diventa inscindibile e impossibile da separare, se non vivi con Lui questa relazione trasformante, se non diventi tu stesso la sua carne e il suo sangue, ebbene non stai vivendo, stai vegetando forse, ma non vivi, sei come un ramo secco, buono solo a esser bruciato. Altro che religione, altro che filosofia, altro che idea! Gesù è vivo oggi e chiede a te tutto te stesso, come Lui si è donato totalmente. Ecco perché il vangelo è così attaccato: perché è tremendamente scomodo, una vera persecuzione, in senso positivo ovviamente.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Rimanere è la conseguenza di una scelta. Non è accettare supinamente qualsiasi cosa, ma volerci essere con tutto se stessi, a qualsiasi costo. A tale proposito mi viene in mente il rimanere di Maria e Giovanni ai piedi di Gesù crocifisso: sono voluti rimanere, sotto quella pioggia di sangue di dolore e di morte, hanno accolto le ultime parole, i rantoli del Signore. Rimanere è una relazione intima e profonda fra i due, quella che i teologi chiamano inabitazione: si rimane proprio perché abitati e vissuti da qualcuno, sennò… chi me lo fa fare? L’amore. Solo l’amore fa stare Maria ritta in piedi di fronte alla morte del Figlio. Solo l’amore sa declinare questo rimanere, sia nei giorni di sole che nei giorni di maltempo, quando tutto è buio, dentro e fuori. Solo l’amore coglie il primo alito di risurrezione, e pur con gli occhi arrossati dalle molte lacrime sa suscitare il canto dell’alleluia di risurrezione.

Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Gesù è pane per la vita dell’uomo: non ci può essere vita senza cibo. Gesù che diventa pane, oltre alla presenza reale nei tabernacoli, ci comunica tutta la premura di Dio nel voler essere la nostra vita, il nostro bene insostituibile, e questo non perché Lui sia un megalomane, ma perché Dio è la fonte di tutto ciò che a volte disperatamente cerchiamo: amore, pace, serenità, benessere! Fare la comunione significa riconoscere Gesù come insostituibile presenza d’amore. I martiri di Abitene (odierna Tunisia) interrogati dal proconsole affermarono: “Senza domenica, senza l’Eucaristia non possiamo vivere”.

Quel pane spezzato e quel vino versato sono il nucleo irrinunciabile della nostra vita di esseri umani e di credenti, l’esempio perfetto di ciò che siamo chiamati ad essere: Amore. Il Servo di Dio don Tonino Bello disse: “Non vi preoccupate del fatto che se non venite a messa fate peccato, ma preoccupatevi perché vi sottraete a un flusso di grande Amore”. Immergiamoci in questo oceano d’Amore, saremo in comunione e vivremo.