A fine anno scolastico, dopo l’ultimo collegio docenti, dopo aver lasciato alle spalle l’edificio che da settembre a giugno ho vissuto, quasi abitato, torno sui miei passi con un carico di emozioni non da poco.

È stato un anno intenso e a tratti faticoso: i tre incarichi su tre scuole diverse hanno reso tutto molto frammentato e talvolta dispersivo: relazioni coi colleghi, con gli alunni, poca possibilità di progettazione e collaborazione, tanti mezzi pubblici (bus, treno, metro, passaggi vari), tanto tempo di attesa da me ribattezzato “intercapedini di pace”.

È stato un anno di esperienza, dove si sono alternate classi difficili e classi più facili. Ops! La classe non esiste: esistono Marco, Gaia, Matteo, Francesca, Niccolò…. e tutti, tutti gli altri bambini che in quest’anno ho incontrato e ai quali ho voluto bene.

Ho imparato tanto da loro: ad essere trasparente, schietto e sincero, a non fare finta, a giocare (no ragazzi, a calcio proprio non ce la posso fare!), a lavorare e divertirsi insieme. Ognuno ha lasciato traccia in me, e anche se non dovessimo più incontrarci, il bene condiviso rimarrà indelebile per sempre.

Alla fine di un anno si è soliti fare un bilancio. Nel mio piccolo posso dire che la scuola deve essere scuola dei bambini, degli alunni. Sono loro i soggetti principali e i primissimi protagonisti. Le scartoffie, le pratiche burocratiche, le beghe sindacaliste e i trattamenti stipendiali devono tacere e cedere il passo, perché la scuola è il luogo “sacro” da non contaminare, ma anzi da preservare e custodire, poiché è da quella fonte che bevono i bambini, i ragazzi. Se la fonte è inquinata, loro si ammaleranno, minando così il futuro di un intero Paese. Se invece la fonte dona acqua pulita e fresca, saranno adulti responsabili e motivati, pronti a dare il proprio contributo per il bene del mondo.

Ho sempre cercato di instaurare un dialogo tra me e gli alunni, fosse anche solo un “ciao come va”, accogliendo i loro sorrisi ma anche i loro bronci, i loro momenti no, asciugando qualche lacrima e stoppando con una battuta qualche capriccio, facendo il tifo per loro nei momenti di fatica. Poi vengono i programmi, i libri, i quaderni, le cose da fare: prima ci sono loro, e loro ho messo al centro.

Una scuola che non mette al centro i bambini perde ogni significato e fa solo danno, ai bambini prima di tutto, che sono visti come una conseguenza quasi non voluta, alle loro famiglie, che rimangono sole e senza risorse nell’adempimento dell’opera educativa, agli insegnanti, esautorati di ogni valenza, alla stregua di baby-sitter, all’intera società.

Davanti a un anno scolastico che termina, esprimo il mio grazie a chi mi ha aiutato ad essere un maestro e un uomo migliore.

Homines, dum docent, discunt
Quando insegnano gli uomini imparano

(Seneca)

Ho imparato, desidero ancora imparare. Grazie ragazzi! Vi voglio bene.

maestro Luca