Lc 10,1-12.17-20

La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!

Ingredienti

  • Un campo
  • Un signore
  • Tanto grano maturo
  • Pochi operai
  • Gli Oranti

Preparazione

Un signore, una persona molto importante e facoltosa ha un campo, avrà pagato per esserne il proprietario, e su quel campo ha fatto un progetto: seminare del buon grano! Ha preparato e dissodato il terreno, lo ha ripulito da sassi e rovi, lo ha concimato, ha seminato e ha atteso il tempo necessario alla maturazione. In verità tutti questi lavori li avranno fatto i suoi operai, suo è il campo e il progetto. Quando gli capita di passare accanto a quel campo pensa al suo sogno, spera che tutto giunga a compimento col massimo beneficio. E nel momento in cui le spighe ancora verdi iniziano ad ondeggiare, il suo cuore ne è consolato.

Dopo tanto lavoro e tanta attesa il grano è maturo, pronto da mietere (questo significa messe). La messe è grande, dice il testo originale greco, più grande del signore, più grande degli operai, più grande di tutto il lavoro e il sacrificio che la cura del campo ha richiesto.

C’è un problema: la messe è grande, ma gli operai sono pochi. Pochi sono coloro che si prendono cura di quel campo, molti sono i passanti che lo guardano senza alcun interesse, per non parlare dei ladri, che approfittano della proprietà altrui per arricchirsi.

Qui entrano in scena gli oranti, possiamo chiamarli così, coloro che svegliano il signore, lo avvertono che il grano è pronto da mietere, lo invitano a intervenire. Pregare non è state fermi a guardare il cielo aspettando chissà cosa, ma è scuotere il cuore di Dio, svegliarlo se dorme; pregare è anche accettare di attendere ancora perché Dio vede più lontano di me. Per fare tutto questo devo essere coinvolto, sentirmi partecipe: quel campo non è mio ma è come se lo fosse: guardo ogni spiga con ammirazione, e con timore che anche un solo chicco di grano vada perduto. Se vivo così, la mia preghiera sarà accorata, forte, fiduciosa, coinvolgerà ogni mia fibra, sarà un tutt’uno con la mia esistenza.

Il signore deve mandare operai a mietere il grano; anche in questo caso il testo greco ci aiuta: il signore spinge gli operai, il loro intervento è così urgente che il “se vuoi, se puoi, se ti va” non è possibile. Lì spinge, quasi li costringe, affinché il prezioso raccolto non vada perduto.

Mi viene in mente un versetto dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi, variamente tradotto: “l’amore di Cristo ci costringe” (2Cor 5,14). San Giuseppe Cottolengo, il santo della carità di Torino, lo adottò come suo motto, in latino: Charitas Christi urget nos.  L’invito rispettoso viene sostituito da una spinta passionale e irruente: è l’amore che ci spinge, ci costringe, ci possiede, è questo il motore di tutto: dall’acquisto del campo alla cura, fino al raccolto, tutto è voluto dall’amore, ed è l’amore che spinge e costringe gli operai a rimboccarsi le maniche e sudare sette camicie per mietere tutto il grano, fino all’ultima spiga.

Un campo, un signore, il grano maturo, gli oranti, gli operai. Ognuno risponde alla spinta d’amore che riceve, ognuno partecipa con tutto se stesso al sogno del signore e fa di tutto per realizzarlo, perché il Signore, questa volta con la S maiuscola, desidera condividere con te il suo sogno, e con te desidera realizzarlo. I tuoi desideri si sposano coi suoi desideri, e il granaio pieno è lì a dirci che il Signore porta a compimento le sue promesse, ma solo se ognuno dona tutto se stesso, per amore, un amore che spinge, che costringe ad uscire da te stesso per trovare in quel pugno di spighe colte la tua felicità: non sei vissuto invano.