Brano di riferimento: Mt 5,1-12

Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro.

In questo versetto sono presenti tanti atteggiamenti e tante azioni compiute da Gesù.

  1. Vedendo le folle: si rende conto degli altri, non è ripiegato su se stesso, il centro del mondo non è il suo ombelico. Questo vedere  dice tutta l’attenzione e la cura che Gesù ha di chi gli è vicino, che lo conosca o meno, dice tutta la sua delicatezza per non pestare i piedi a nessuno.
  2. Gesù salì sul monte: significa avvicinarsi al cielo, quasi come volare, sfidare la forza di gravità, le rocce impervie e innalzarsi. Salire è avvicinarsi a Dio, parlare con Lui, in una relazione intima con Lui.
  3. Si pose a sedere sicuramente si siede chi intende riposarsi, dopo aver tanto camminato. Ma da seduti si possono fare tante cose: rilassarsi, leggere, imparare, studiare, pregare, pensare… Gesù si siede, si ferma in un punto, e questo genera un’azione:
  4. Si avvicinarono a lui i suoi discepoli: nel mondo ebraico il maestro insegna seduto e tutte le volte che il vangelo descrive Gesù seduto è perché vuole evidenziare la sua missione di Maestro.  Prima di iniziare la lezione ci sono diverse cose da fare, diversi atteggiamenti da assumere. Infatti proprio questo versetto conclude la serie di azioni dicendo:
  5. Si mise a parlare e insegnava loro.  Dopo aver visto, dopo essere salito ed essersi seduto, dopo aver fatto gruppo coi discepoli, solo dopo Gesù inizia a parlare ed insegnare. Il suo insegnamento non è teoria distaccata dalla realtà: è un insegnamento concreto, reale, incarnato prima di tutto dall’insegnante stesso, un insegnamento preceduto da un vissuto di ascolto, di accoglienza, di ricerca.

«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Gesù proclama “beati” nove gruppi di persone, e se leggiamo con attenzione, è tutta gente che ha passato qualche disavventura, cose poco piacevoli. Cosa intendiamo per ‘beato’? Una persona fortunata, a cui va tutto bene, che vince al gioco e in amore, che sta bene in salute e non ha problemi. “Beato te” la dice lunga su come usiamo questo termine. Ecco, allora diciamo subito che Gesù non dà al termine beato questo significato.

Dall’ebraico prima e poi dal greco, beato è colui che è felice perché curato con le cure di Dio. Si cura colui o colei che è mancante, che ha bisogno, a qualsiasi livello. Il beato del vangelo non è Gastone, il cugino fortunato di Paperino, ma Paperino, che nei suoi guai, nei problemi di ogni giorno, può alzare gli occhi verso il volto di Dio, può trovare l’amore di Dio che si incarna profondamente in quei problemi, li fa suoi, lo prende in braccio, lo stringe al Suo cuore, e pure nella sofferenza di entrambi (anche Dio soffre), pure nella fatica di un cammino aspro e faticoso, scorge in quegli occhi un barlume di speranza, trae da quello sguardo il senso di continuare a vivere.

Ognuno di questi nove “beati” vive nella sua vita una situazione dolorosa, di fatica, e se ci facciamo caso sono tutte fatiche relazionali, di confronto con l’altro. E’ beato chi sa andare oltre se stesso per incontrare l’altro, in un terreno spesse volte dissestato, scomodo, ma è quello il luogo della beatitudine: quando lascio la mia zona comfort per incontrare l’altro, Dio si piega su di me per proteggermi, accudirmi, amarmi, e rendermi beato, felice.

Dio abita i tuoi giorni, quelli in cui combini poco o niente, abita i momenti di panico, di buio, di paura. Se non si è soli, tutto è più affrontabile, più vivibile. E tu non sei solo, mai, anche in una notte buia e fredda ci sarà sempre un cuore che pulsa per te, ci saranno sempre delle braccia protese verso di te. Lui è uno di noi. Per questo siamo beati. Sì, beati! Felici di essere amati e curati.