Una sintesi del cammino di Avvento
attraverso i vangeli delle sue quattro settimane,
alla luce delle nozze di Cana.

Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.

L’avvento ha inizio con una pagina molto buia del vangelo… siamo in piena notte, e le parole chiave sono terribili: angoscia, ansia, paura, morte. In questa notte tutto l’universo è sconvolto, non c’è più nulla che stia in piedi, e il cosmo diventa caos. In questa notte dove tutto va male, viviamo la solitudine, il non senso, il vuoto, la frenesia: è buio pesto e non vediamo nessuno, ci dimentichiamo la fisionomia dei nostri cari, degli altri, di noi stessi. Gli affetti divengono un lontano ricordo, una chimera, viviamo solo buio e morte, l’amore diventa una favoletta, e se qualcuno ce ne parla ne rimaniamo disgustati, quasi infastiditi.

In tutto questo marasma Dio rimane vicino, presente, non come Superman che arriva e sistema tutto, ma come chi sa abitare le nostre nuvole nere pur di starci accanto. Questo Figlio dell’uomo ci ha così a cuore che si mette in strada in una notte senza luna per venirci a cercare, ma non solo: per fare sue quelle nuvole, per viverle con noi e per noi.

Non hanno più vino. Anche alle nozze di Cana le cose non vanno bene: è finito il vino, la festa è irrimediabilmente rovinata, la musica si è smorzata e gli invitati stanno alzando cori di polemica e di scontento. “Non hanno più vino” è la constatazione del limite, della mancanza, è vedere il male che opera e dilaga in me e attorno a me. Questo grido, che facciamo nostro all’inizio di questo tempo di Avvento, è l’SOS che Maria di Nazareth ha lanciato a suo Figlio, anche loro seduti tra i commensali. A una mamma non sfugge niente, si è soliti dire, e anche nel vangelo si verifica questa attenzione premurosa e materna di Maria, la quale si rende conto, e nel mezzo della notte eleva il suo grido, che scuote, che sveglia, che cancella il torpore di un’umanità ormai alla deriva. 

Nel buio della notte Gesù è presente, è vicino, è partecipe del tuo buio. E quando tutto sta per finire in tragedia, Maria eleva per te il suo grido, la sua preghiera di Madre e sorella nella fede. 

Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!

Nella seconda domenica di Avvento il vangelo è un pressante invito da parte di Giovanni il Battista a renderci conto che il Signore è vicino, così vicino che una manutenzione straordinaria delle strade e dei sentieri è d’obbligo, per accoglierlo come si deve, per mettere ordine dove c’è abbandono e trascuratezza. Si parla di strade, di percorsi, non di punti di partenza, né di traguardi. Se è vero che la porta è la parte più lunga del viaggio, è anche vero che sono le tappe intermedie a intimorirci, e a farci sorgere in cuore mille dubbi e perplessità.

Questa pagina di vangelo è come il tifo, e le urla di incitamento che si fanno allo stadio, o durante una corsa, affinché gli atleti non diminuiscano il loro impegno, ma anzi, mettano ancora più forza in quello che stanno facendo. Ormai svegliati dal torpore di morte, e rincuorati dalla vicinanza di un Dio che si sporca le mani con le nostre nuvole, ora ci viene chiesta una fattiva collaborazione: la strada è giusta, ora la dobbiamo solo sistemare, così che il nostro cammino sia sempre più sicuro e anche bello, senza troppi scossoni.

Non è giunta la mia ora. Al grido di aiuto innalzato da Maria, Gesù risponde con un “aspetta mamma!”, e anche questa risposta è un classico anche ai nostri giorni. Ci viene chiesto di proseguire il cammino, di pazientare, di continuare ad avere fede. Nelle tappe intermedie ci sono compagne la fatica e la determinazione: avanti tutta!

Giovanni e Gesù ci dicono l’assoluta necessità di continuare il percorso, di non lasciarci abbattere: Dio rimane vicino, più vicino che mai!

Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco

Terza domenica d’Avvento, che la Chiesa dai tempi antichissimi chiama “Domenica Gaudete”, traducibile come domenica della gioia. Ormai il percorso è a un buon punto, ma siamo pur sempre in una tappa intermedia, e questa gioia a cui siamo chiamati ci dice che il traguardo è ormai prossimo. Giovanni il Battista in questa pagina di vangelo parla di due battesimi: il suo, attraverso l’acqua, è un rendersi conto del proprio limite, delle proprie miserie, e chiedere a Dio di essere purificati. Il battesimo di Gesù è un battesimo di fuoco, che non solo purifica, ma scioglie, plasma e ricrea. L’invito è quello di immergerci nei due battesimi (battesimo significa proprio immersione) e lasciarci trasformare, affinché il nostro limite diventi, grazie alla potenza dello Spirito, il nostro punto di forza, la ferita che diventa feritoia che fa passare la luce di Dio nella nostra vita e la porta ovunque.

Fate quello che vi dirà: Maria eleva il suo grido di aiuto per noi, con noi attende, e ora ci dice di fare quello che il Figlio ci dirà. Lei ci mette nelle mani e nel cuore del Figlio Gesù, ci affida alle sue cure, come Lei stessa si è affidata alle cure dell’Onnipotente. La trasformazione è possibile solo attraverso un atto di affidamento, attraverso un sì pieno e consapevole.

Giovanni e Maria ci invitano a immergere tutta la nostra vita nelle profondità dell’amore di Dio, che compie meraviglie e sa trasformare il buio in chiarore, l’acqua in fuoco, e porta la festa al suo culmine. 

Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto.

Siamo all’ultima domenica di Avvento, e prima ancora di tagliare il traguardo il vangelo, attraverso le parole di Elisabetta,  proclama beato chi ha creduto, in questo caso una donna, Maria. Il soggetto tuttavia è implicito, per cui puoi mettere il tuo nome, il tuo volto: beato, beata  te che hai creduto, sii felice, perché Dio non ti lascia a bocca asciutta; talvolta è esigente, ti chiede tutto, ma poi ti dà tutto, e un tutto moltiplicato all’infinito. La sua promessa si realizza, sempre.

La gioia di vivere insieme. I musicisti hanno ripreso a suonare, e i commensali tornano a brindare e gioire, la festa è salva, e gli sposi, certamente un po’ provati, tirano un sospiro di sollievo. Immaginiamo gli sguardi che si scambiano questa coppia, con Gesù e Maria: il miracolo è stato possibile grazie a una Madre che si è fidata, a una coppia che si è affidata, e a Dio che ha fatto della vicinanza il senso del suo esistere.

Felice sei tu quando credi che tutto si compie nella tua vita, e quanto è più buia la notte, tanto più luminosa sarà l’alba!

 

L’Avvento è questo: tornare a vivere, a sperare, saper attendere, riprendere il cammino, perseverare e giungere alla meta. La meta è quel bambino che nasce di notte, nella tua notte, perché la sua luce invada il tuo buio:

Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.